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Stoicismi

I mercati non battono ciglio di fronte all'inflazione


In vista del dato sull'inflazione americana, previsto in ulteriore peggioramento rispetto a quello del mese scorso, si erano viste, per la prima volta da qualche tempo, un po' di posizioni al ribasso sui Treasuries e, ancora più notevole, sulla borsa americana. Erano posizioni timide ma autorevoli. Ma erano posizioni così controvento che sono state chiuse in perdita ancora prima della pubblicazione del dato. E bene hanno fatto a essere chiuse, perché, a 5 per cento pubblicato (peggio delle peggiori aspettative), i Treasuries, come dicevano le nonne quando a scuola si studiava il francese, non hanno fatto un plissé, mentre la borsa americana, confortata dallo stoicismo dei bond, si è subito lanciata verso nuovi massimi storici.
Questo esito è bizzarro solo in apparenza. Chi compra governativi all'1.50 con l'inflazione al 5 lo fa per precise ragioni. Il più grande compratore è la Fed, che continua a divorare 120 miliardi al mese di titoli e lo fa per motivi di policy. Ci sono poi le banche centrali del resto del mondo, che si vedono arrivare ogni mese una quantità crescente di dollari per effetto del disavanzo delle partite correnti americane tornato ai livelli record degli anni 2000. Abbiamo poi la assicurazioni vita di tutto il mondo, dal Giappone in giù, che sono obbligate dai loro regolatori a comprare grandi quantità di titoli risk free (cosiddetti). Senza contare le banche (più in Europa che in America), che parcheggiano in governativi una parte della liquidità ottenuta a tassi di favore dalle banche centrali.

Ancora meno bizzarro è il comportamento delle borse, che non hanno motivo di temere l'inflazione finché i tassi vengono mantenuti immobili e straordinariamente bassi. Tassi immobili e inflazione crescente sono anzi positivi per l'azionario, perché significano tassi reali sempre più profondamente negativi e quindi multipli più alti.
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