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Sette e mezzo

Calpestati da un elefante di passaggio


Il Covid, di per sé, non è però né inflazionistico né deflazionistico, più o meno come tutte le ondate pandemiche del XX secolo. Quanto meno, gli economisti più autorevoli si dividono in parti uguali tra quelli che mettono l'accento sulla compressione della domanda (e quindi sulla pressione al ribasso sui prezzi) creata dalla paura e dai lockdown e quelli che sottolineano invece la pressione al rialzo sui prezzi prodotta dalle strozzature dell'offerta create dalla pandemia.

Se dunque escludiamo il Covid come fattore principale del differenziale d'inflazione tra America ed Europa da una parte e Asia dall'altra, allora la causa va ricercata nella diversità delle risposte monetarie e fiscali che sono state date alla pandemia da un lato e dall'altro del Pacifico.

L'Asia ha infatti sofferto degli stessi problemi dell'offerta che abbiamo avuto noi e paga il petrolio, il rame e l'insieme delle materie prime e dei componenti allo stesso prezzo che paghiamo noi. L'Arabia Saudita, quando vende il suo greggio, non fa un prezzo diverso alla Cina e alla Germania.

Se in Occidente l'inflazione è molto più alta che in Asia, dunque, la causa non va cercata nell'offerta, che Fed e Bce continuano a indicare come unica ragione dell'esplosione dei prezzi, ma nella domanda, che è stata stimolata come in tempo di guerra in America e in Europa, meno in Giappone e quasi per nulla in Cina.
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