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Calma apparente

I mercati ritrovano un equilibrio. Reggerà?


Quanto all'Occidente, se la Russia contava sul panico nei mercati occidentali e su un brusco arresto del ciclo globale di crescita, il bilancio è per lei deludente. Le borse, dopo la paura iniziale, hanno ripreso una certa compostezza, mentre le stime sul Pil del 2022, per quanto corrette al ribasso, hanno ancora segno ampiamente positivo in America. L'Europa, dal canto suo, si prepara a una fase di grande incertezza, ma l'effetto positivo ritardato delle politiche fiscali e monetarie del biennio pandemico fa sì che lo scenario di base sia ancora di crescita.

Le materie prime, dal canto loro, sono anch'esse meno turbolente di quanto si sarebbe potuto pensare. Dopo una fase di alta volatilità si sono infatti stabilizzate. Il mercato ne bilancia la potenziale scarsità con il rallentamento della domanda che seguirà al rallentamento della crescita. L'effetto è un calo della volatilità.

Il fatto che nessuno dei contendenti sia andato a terra e se la sia cavata finora con escoriazioni e lividi significa però che la disponibilità allo scontro non è venuta meno e che continuerà a prevalere l'idea che con uno sforzo in più si possa vincere. La linea di minore resistenza rimane quella di più sanzioni, più armi, più coordinamento militare, non quella di più trattative. Siamo ancora nella fase montante, quella dell'escalation.

Che per il momento si combatta con una mano sola lo dimostra anche la divergenza che si profila netta tra politiche fiscali e politiche monetarie. Normalmente, in tempo di guerra, le due politiche si orientano nella stessa direzione. Lo stato finanzia il conflitto in disavanzo e la banca centrale lo monetizza, creando la tassa dell'inflazione che va a colpire patrimoni e redditi. Questo abbiamo del resto fatto con il Covid, che abbiamo trattato come una guerra e che, come ogni conflitto, ci lascia in eredità l'inflazione.
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