Il problema degli Usa è quello di avere finanziarizzato l'economia reale e la manifattura mediante una sistematica delocalizzazione nei paesi a più basso costo di mano d'opera specie quelli in oriente, questa situazione ha generato un sistematico deficit della bilancia commerciale, lo scorso anno, nel mese di novembre, ha sfiorato i 100 mld/$ di deficit, a cui ha contribuito il volume del debito pubblico ormai alle stelle, 37.000mld/$ e la bassa propensione al risparmio del paese che evidenziano il collasso socioculturale del paese.
Il piano Trump si propone una politica aggressiva di dazi per provare a ridurre il deficit commerciale del paese in parte dovuto al riacquisto delle merci prodotte in altri paesi, il 40% delle spese in uscita, e riportare questi settori produttivi, ormai persi, in patria.
Gli Stati Uniti hanno registrato consistenti deficit commerciali dal 1976 a causa delle elevate importazioni di petrolio e beni di consumo. Nel 2022 i maggiori deficit commerciali si registrano con la Cina, il Messico, il Vietnam, il Canada, la Germania, il Giappone e l'Irlanda, e i maggiori surplus commerciali con i Paesi Bassi, Hong Kong, il Brasile, Singapore, l'Australia e il Regno Unito. Il Canada è il principale partner commerciale, rappresentando il 15 percento del totale degli scambi, seguito dal Messico (14 percento) e dalla Cina (13 percento).
La guerra dei dazi diventa una sfida commerciale ostile tra paesi alleati che si vedono costretti ancora una volta ad assorbire le negatività del sistema Usa e del dollaro come era stato negli anni settanta quando con la fine del "gold exchange standard" venne scaricata sui paesi europei una devastante ondata inflattiva che pose le basi e le condizioni nel nostro paese del crescente debito pubblico.
La posizione di Trump si base sull'idea di riportare in patria le attività manifatturiere delocalizzate in altri paesi da ormai più di trent'anni; nei nuovi siti produttivi si sono nel tempo avviate attività con positivi equilibri economici in cui le spese di avvio produttive si sono via via ripagate dai volumi di vendita che consentono un abbondante copertura del punto di pareggio. Questi equilibri tra costi e ricavi richiedono tempi lunghi e condizioni produttive i cui costi possano essere coperte dai crescenti volumi di ricavi, quest'azione non è possibile negli Usa perché economicamente non compatibile con gli equilibri produttivi realizzati altrove. Questa sfida è destinata ad infrangersi con i fatti reali e con il rischio che si avvii una lotta commerciale che non vede necessariamente gli Usa vincenti.
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