Per di più,
l'armamentario disponibile è limitato alle sole risorse del PEPP, che verranno reinvestite alla scadenza dei titoli in portafoglio, modulando gli interventi per tipologie di attività e per Paesi a seconda delle necessità.
In pratica,
la BCE ha detto che non userà il "bazooka", che non immetterà altra liquidità per comprare i titoli di Stato che dovessero mostrare andamenti eccessivamente alti di spread, derivanti dalle vendite sul mercato secondario.
Effettuerà una sorta di swap, offrendo in vendita i titoli di migliore qualità e dunque quelli con i tassi più moderati (come i Bund tedeschi) per acquistare quelli di qualità inferiore e con i rendimenti troppo elevati (come i BTP italiani).
Il motivo della
insoddisfazione è chiaro:
i rendimenti dei Bund a 10 anni sono oggi ad un livello sideralmente più basso rispetto ai corrispondenti titoli del Tesoro statunitense: sia in termini nominali, ma soprattutto in termini reali, non vale assolutamente la pena acquistarli.
Al contrario, i titoli di Stato italiani, pur tenendo conto del rischio implicato, hanno almeno un rendimento nominale accettabile.
E quindi si è arrivati al paradosso: la decisione della BCE ha determinato sia un aumento dello spread dei titoli italiani rispetto a quelli tedeschi che una flessione del cambio dell'euro sul dollaro.
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