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L'età del nervosismo

Tutti molto ansiosi, ma ancora vivi.

Tutti molto ansiosi, ma ancora vivi.

Joachim Radkau è uno storico tedesco che da trent’anni studia la storia degli stati d’animo delle masse e delle élites del suo paese nei confronti della modernità. In particolare, Radkau si è occupato dell’ondeggiare della psiche tedesca tra la nostalgia della natura (da difendere strenuamente in quanto vissuta come simbolo dell’innocenza perduta) e l’idolatria della tecnica, strumento della volontà di potenza.

La fase in cui questo ondeggiare ha prodotto la lacerazione nevrotica più intensa è stata quella guglielmina, a cavallo tra Ottocento e Novecento. È un periodo in cui coesistono faticosamente i valori della tradizione, difesi da un apparato statale tardofeudale, e quelli di una borghesia irrequieta che cerca di darsi un’identità culturale proiettandosi nella modernità.

L’Età del Nervosismo è il titolo, molto significativo, di un libro che Radkau ha dedicato a quest’epoca. Non solo il mondo tedesco, del resto, ma l’intera Europa di allora ci appare oggi febbricitante. Le élites si danno all’esoterismo, alla psicanalisi, alla cocaina. Isteria, nevrastenia e pulsioni autodistruttive sono malattie dello spirito diffuse non solo tra gli artisti, ma anche tra personalità politiche e culturali. Max Weber, grande sacerdote e cantore dell’implacabile razionalità borghese e capitalista, si lascia affascinare da ogni forma di New Age dell’epoca e passa lunghi anni entrando e uscendo da un esaurimento nervoso. Keynes, parte integrante dell’estremamente inquieto circolo di Bloomsbury (nella foto una riunione del circolo di Bloomsbury, con Keynes al centro) vive in modo meno lacerante di Weber il conflitto tra razionalità e irrazionalità, ma solo perché incorpora consapevolmente entrambe nel suo sistema.

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