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Ventimila leghe sotto i mari (2)

Gli idrati di metano, molto più dello shale gas

Gli idrati di metano, molto più dello shale gas

Proseguiamo il nostro viaggio a bordo del sottomarino Nautilus. Mentre costeggiamo la Norvegia il capitano Nemo ci indica i fondali. Sono ricchi di idrati di metano, dice, come lo sono i fondali di tutte le piattaforme continentali del mondo. Si tratta di metano imprigionato nel ghiaccio da decine o centinaia di milioni di anni.

Fino al 1930 non si sapeva nemmeno che esistessero. Per 40 anni si pensò che la loro presenza fosse limitata a qualche zona della terraferma e solo negli anni Settanta si scoprì che i fondali lungo le coste, prima della scarpata oceanica, ne erano pieni. Nessuno ritenne però mai possibile sfruttarli.

Nella prima metà degli anni Duemila Greenspan li citò alcune volte. L’America, in quegli anni, era seriamente preoccupata per la penuria di gas naturale che si stava prospettando. I prezzi continuavano a salire e le authority federali stimavano che, nel 2050, gli Stati Uniti avrebbero potuto soddisfare solo la metà del loro fabbisogno di gas. Greenspan cercò di infondere un po’ di speranza e spiegò in un paio di discorsi che nella seconda metà del XXI secolo e nel XXII, una volta avviate all’esaurimento molte fonti di energia, si sarebbe in qualche modo riusciti a sfruttare le potenzialità degli idrati di metano e quelle della fusione nucleare. Era comunque più una speranza che una previsione.

Il velocissimo Nautilus è intanto entrato nelle gelide acque dell’Artico e si dirige verso est. Superiamo l’arcipelago della Novaija Zemlja, la Nuova Terra dove l’Unione Sovietica condusse i suoi esperimenti nucleari più devastanti, ed entriamo nel vasto mare di Kara, grande un milione di chilometri quadrati.

(Nella foto: Esplosione di metano dentro un iceberg)
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