Quello di oggi non è forse il migliore dei mondi possibili per chi investe ma ci si avvicina.
Le banche centrali intendono mantenere i tassi reali a zero in America e negativi in Europa. Ancora una volta i possessori di bond ottengono un rinvio del bear market tante volte minacciato. La Fed sarà guidata da un uomo equilibrato e ragionevole. L'Europa ha un ritardo di quattro anni rispetto al ciclo americano e ha quindi la possibilità di assorbire abbastanza bene un'eventuale recessione negli Stati Uniti.
È giusto celebrare questo robusto quadro di fondo, ma non bisogna dimenticare che la storia non si ferma qui. Nulla vieta che i repubblicani perdano la maggioranza in Congresso tra 12 mesi. Nulla vieta che, già all'inizio del 2019, si profili all'orizzonte un'America inquieta pronta a cambiare di nuovo e a scegliere Sanders o la Warren come futuro presidente. Nulla vieta che i grandi monopoli della tecnologia vengano attaccati sul piano fiscale e su quello della legislazione antitrust. Nulla vieta che la Cina inciampi di nuovo, come capitò due anni fa.
Dopo nove anni di ciclo espansivo e due anni di sottociclo positivo premiati da una spettacolare rivalutazione degli asset finanziari e reali non vediamo nulla di male nel portare a casa qualcosa e nel concedersi una pausa di qualche settimana, pronti magari a rientrare più avanti.
Potrebbe essere diverso per l'Europa? La riforma fiscale americana, in teoria, è negativa per le imprese europee che vedono i loro concorrenti d'oltreoceano improvvisamente più profittevoli e competitivi, ma i mercati non ragionano così. L'arresto del rialzo dell'euro è un fattore di sollievo che compensa pienamente la modesta perdita di competitività e nulla vieta che l'Europa abbassi anch'essa, nei prossimi anni, le aliquote per le imprese.
Per le borse europee, quindi, proponiamo un alleggerimento modesto, accompagnato da una rotazione parziale e temporanea dall'Italia alla Germania.
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