Effetto dell'euro, si dirà. Tre anni fa stava a 1.12 e oggi a 1.21. La rivalutazione dell'8 per cento ha pesato negativamente, certo.
Anche lo yen, però, ha rivalutato e anche più di noi. Ci volevano 119.68 yen per comprare un dollaro il primo marzo 2015 e oggi ne bastano 106.76, una rivalutazione dell'11 per cento. Ciononostante il
Nikkei è riuscito ad apprezzarsi dell'11 per cento. Un americano che avesse investito sulla borsa giapponese tre anni fa senza coprire il cambio guadagnerebbe oggi il 22 per cento, sull'Europa il 3.
Il Giappone ha fatto l'
Abenomics. L'America ha tagliato radicalmente le tasse. La storia dirà se hanno fatto bene, ma almeno ci hanno provato. In Europa, oltre a inseguire a bastonate la provincia ribelle inglese, bacchettare l'est perché non vuole immigrazione e accertarsi che le banche italiane non comprino i titoli di stato italiani, riusciremo anche ad attrezzarci per il duro mondo che verrà?
Venendo all'immediato,
il dato più confortante per i mercati è quello dell'inflazione. L'andamento reale, in base agli ultimi dati di questi giorni, è decisamente meno minaccioso di quello che si cominciava a temere, sia in America sia in Europa. Occorreranno naturalmente altre conferme, ma intanto notiamo che il petrolio ha smesso di salire e anche questo è incoraggiante.
Borse e bond, che si stavano preparando a una nuova ondata di maltempo, possono ora respirare meglio.
L'inflazione arriverà, ma ci sarà una bella differenza tra un aumento improvviso e una salita dolce e controllabile. Ci sarà ancora volatilità, ma le inevitabili periodiche puntate verso il basso faranno meno paura.
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