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L'anno è ancora lungo

Accumulare con pazienza, senza ingordigia

Come diceva l'allenatore-filosofo Yogi Berra, fare previsioni è difficile, specialmente sul futuro. Per mitigare il rischio di sbagliare, come è noto, chi fa previsioni (in particolare di mercato) fornisce una tendenza, o addirittura un livello, ma non i tempi necessari a raggiungerlo. In alternativa, si sbilancia sui tempi, ma sta attento a non impegnarsi sui livelli.

Un altro trucco del mestiere è quello di dividere le previsioni a 12 mesi in due, ovvero un semestre negativo seguito da uno positivo o viceversa. In genere si preferisce anteporre il negativo al positivo, in particolare quando verso la fine dell'anno si guarda all'anno successivo. C'è una certa logica in questa preferenza, che riflette la stagionalità dei flussi e del posizionamento. Ma c'è anche, qualche volta, il tentativo di mettersi al riparo da errori clamorosi di previsione.

Verso la fine dell'anno scorso, il consenso sul 2023 ha ricalcato lo schema classico. Una prima metà difficile, probabilmente segnata da una recessione, seguita da un finale d'anno in netta ripresa per effetto dell'allentamento della politica monetaria. C'è stata una certa dispersione nelle stime del livello minimo che sarebbe stato toccato nel primo semestre, ma quasi nessuno ha indicato una partenza brillante come quella che abbiamo poi visto.

Le borse principali e le obbligazioni governative lunghe si sono infatti riportate sui livelli dell'aprile scorso (recuperando tutte le perdite) e lo stesso ha fatto il dollaro (perdendo tutti i guadagni). Le condizioni finanziarie, che sono oggi il più importante strumento di trasmissione della politica monetaria, sono state restrittive da aprile a ottobre, ma sono diventate espansive da ottobre a oggi.
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