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Dopo Usa ed Europa, ombre lunghe sulle banche cinesi

Mentre la stabilizzazione del sistema bancario europeo procede a rilento, in Cina si aggira lo spettro del default finanziario.

Il problema della instabilità finanziaria generata dai surplus commerciali, la faccia convessa dei deficit strutturali degli Usa e di gran parte dei paesi europei, sta per colpire anche la Cina. Ha cercato di proteggersi sul piano valutario, comprando titoli del tesoro americano e divenendo il primo sottoscrittore estero: ha evitato per un intero decennio che aumentassero di altrettanto i dollari in circolazione, impedendo una rivalutazione progressiva dello yuan che avrebbe azzerato il suo vantaggio competitivo. Ma, per altro verso, la Banca del popolo cinese ha immesso una corrispondente liquidità all'interno: è investita in sempre nuova capacità produttiva e nel settore immobiliare. Investimenti instabili, finanziati a debito.

La Germania, a sua volta, aveva investito per anni in titoli strutturati emessi dalle banche americane e nelle economie dei Paesi dell'Europa periferica. Il Giappone ha impiegato il surplus aumentando il debito pubblico: un asset interno che non è soggetto ad inflazione, ma che anzi si rivaluta al ridursi dei prezzi al consumo. Il debito pubblico in yen acquista valore perché, anno dopo anno, sono i prezzi al consumo che diminuiscono. Ma la deflazione continua porta ad un aumento esorbitante del valore reale del debito: anche questo è un processo insostenibile. Per questo, ora, la Banca del Giappone cerca l'inflazione: per aumentare la domanda e far diminuire il peso del debito.

Sono già crollate sotto il peso del debito dapprima le famiglie americane, poi è stata la volta degli Stati europei che avevano le finanze in disordine come la Grecia, oppure di quelli che hanno dovuto accollarsi i default bancari e immobiliari come l'Irlanda e la Spagna. L'Italia è stata colpita da un effetto rebound: visto l'elevato livello di debito pubblico da cui partiva, ci è stato chiesto di ridurre immediatamente il deficit del bilancio, ma i minori consumi determinati dalle maggiori tasse hanno fatto crollare il PIL ed aumentare la disoccupazione. Ora anche le banche sono in tensione: aumentano i crediti in sofferenza per via delle imprese che falliscono. Sono obbligate ad aumentare la dotazione di capitale, per rispettare criteri prudenziali sempre più stringenti, ma è difficile trovare chi investa nel capitale bancario in queste situazioni.
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