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Giubileo per sofferenze bancarie e debiti fiscali

Serve un taglio netto col passato, a dieci anni dall'inizio della crisi

Bisogna guardare in faccia alla realtà: l'Italia non riparte perché in questi dieci anni di crisi il sistema bancario ha accumulato una montagna di sofferenze e lo Stato altrettanti crediti nei confronti dei contribuenti. Sono decine e decine di miliardi che impediscono alle banche di ripartire, agli imprenditori di ricominciare, alle famiglie di riacquistare la serenità, mentre lo Stato chiude tutti e due gli occhi aumentando il totale di crediti che non incasserà mai.

Non è solo un gioco delle parti, ma una zavorra per l'intero Paese.

La soluzione per i crediti non performing delle banche è stata finora di tipo meramente contabile, fiscale e finanziario: per un verso si sono operate svalutazioni sui valori nominali iscritti a bilancio, portandole a perdite. Queste perdite, mentre riducono l'utile civilistico di esercizio, sono state ammesse anche alla detrazione ai fini fiscali. Succede quindi che la banca continua a vantare un credito per l'intero ammontare erogato, cui si aggiungono gli interessi non pagati, ma sa già che la gran parte di quel denaro non tornerà mai indietro. In ogni caso, mantiene integre le garanzie prestate: un immobile, o altri pegni.

A questo punto, si procede alla cessione delle sofferenze ad un operatore specializzato nel recupero crediti, che paga alla banca una cifra infima: si va da 1 euro ogni 100 euro di credito nominale che è stato erogato senza l'assistenza di alcuna garanzia, fino a 25/30 euro ogni 100 euro nel caso di buone garanzie. Si tratta di una operazione solo finanziaria: il credito viene ceduto dalla banca all'operatore, in genere con una ulteriore perdita per la banca stessa, che magari aveva svalutato il credito solo alla metà. A questo punto, si attiva la procedura esecutiva, con pignoramenti ed aste nei confronti del debitore.

La pulizia dei bilanci bancari che si è fatta finora, tanto decantata, è consistita nel semplice trasferimento di un credito inesigibile dal bilancio a quello dell'operatore che effettua il recupero del credito: la banca ha perso comunque tra il 70% ed il 99% del credito erogato, mentre l'operatore che ha comprato cercherà di recuperare qualcosa in più dal debitore. Se l'operatore ha comprato dalla banca ad 1 euro un credito nominale di 100 euro, e poi incassa 5 euro dal debitore, avrà fatto un investimento che ha reso il 500%. Insomma, tutti ci guadagnano, tranne la banca.

Il sistema economico è bloccato da questa situazione ed anche gli operatori del recupero crediti si lamentano dei tempi lunghi della giustizia: hanno investito, e vogliono guadagnare subito.

Il paradosso, in questa situazione, è che il debitore non ha alcun diritto di andare in banca a proporre un saldo e stralcio per chiudere la partita offrendo la stessa somma che la banca incasserebbe dall'operatore che compra la sua posizione dalla banca. Non ha alcun diritto di "prelazione" a ricomparsi il proprio debiti. La banca non ci perderebbe nulla, ma verrebbe a rinsecchirsi tutto il business del mondo che gira intorno al recupero crediti: e sono bei soldoni, viste le decine di miliardi di crediti in sofferenza che ci sono in giro.

Lo stesso vale per i crediti dello Stato o dell'Inps nei confronti di imprese e famiglie in difficoltà: finora è prevalsa l'idea della loro dilazione nel tempo, che comporta anche il pagamento di interessi. E' tutto fasullo, perché si tratta di crediti che nella maggior parte dei casi non verranno mai incassati per quell'ammontare: ora si propone di fare la stessa cosa anche con l'Agenzia delle Entrate, che li venderebbe a sconto ai soliti operatori specializzati nel recupero dei crediti.

Insomma, anche in questo caso a perderci sarebbe l'Erario e l'Inps, ed a guadagnarci solo i servicer. Con il danno di altri anni di blocco dell'attività economica.

Occorre guardare in faccia alla realtà: bisogna chiudere con il passato, e ci sono già delle proposte avanzate anche in campagna elettorale per chiudere le pendenze delle liti con il Fisco.

Alcuni dicono che sarebbe l'ennesimo favore fatto ai bancarottieri professionisti, un ulteriore regalo a chi ha avuto crediti senza essere in grado di restituirli. E che si farebbe un torto a tutti coloro che si sono sacrificati fino all'ultimo per pagare le banche ed il fisco, per onorare i debiti e per pagare le tasse.

E' un ragionamento poco concludente, perché tanto le banche i loro soldi ce li rimettono comunque, ed a guadagnarci sono solo gli operatori specializzati nel recupero crediti. Sarebbe, dunque, una ben magra soddisfazione.

Anche ad Atene, nel VI secolo a.C., dopo una lunghissima crisi, si prese una decisione volta ad eliminare i pesi del passato, come se si trattasse di scuotere un albero dal suo carico di frutti pronti a cadere, perché ormai marci: "seisàchtheia". Come ha ricordato lo storico Luciano Canfora, "fu una decisione epocale, perché in quel modo Solone, nei fatti, evitò una guerra civile".

Serve un taglio netto col passato, a dieci anni dall'inizio della crisi.

Giubileo per sofferenze bancarie e debiti fiscali.

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