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Dazi americani, per salvare il Dollar Standard

Un secolo dopo il Trattato di Versailles

La verità è che tutti, più o meno, pensano di sapere di più degli altri solo perché hanno letto l'ultima agenzia di stampa, conoscono l'ultima quotazione dell'euro, e si sono andati a vedere quale è lo spread tra BTP e Bund. E' l'eterna illusione di cercare di capire dove va il mondo monitorando l'ultima tendenza.

Ed invece bisogna guardare indietro, per capire come alcuni processi storici, economici e finanziari, oltre che politici e sociali, si sono evoluti.

Il secolo americano comincia a Versailles

Cominciò giusto un secolo fa, nel 1918, con la approvazione del Trattato di Versailles, che disciplinò i rapporti delle potenze alleate con la Germania. E, guarda caso, nonostante il Presidente americano Wilson avesse partecipato attivamente alla sua elaborazione, iniziando con i suoi famosi 10 Punti che indicarono la strategia da seguire, il Congresso americano non ratificò mai questo Trattato, né gli Stati Uniti aderirono mai alla Società delle Nazioni, che avrebbe dovuto rappresentare la sede di mediazione internazionale per evitare nuove guerre.

L'eccezionalismo americano cominciò allora, a seguito di un'enorme sviluppo finanziario, industriale ed agricolo trainato dall'import europeo durante gli anni della guerra: se pur breve, appena quattro anni, cambiò gli equilibri globali. Gli enormi prestiti americani avevano finanziato lo sforzo bellico delle nazioni europee che si opponevano alla Germania, colossali quantità di oro erano affluite negli Usa, ma il dollaro non si era rivalutato in modo corrispondente, nonostante i richiami al gold standard: nonostante ogni dichiarazione contraria, si era orma entrati in una fase nuova della storia monetaria mondiale, il dollar standard.

Il motivo era chiaro: se il dollaro si fosse rivalutato di pari passo con l'afflusso dell'oro, sarebbe diventato molto caro e le esportazioni americane verso l'Europa sarebbero crollate, facendo fallire le industrie e le attività agricole che avevano trovato una grande espansione durante gli anni del conflitto mondiale. E c'era già una insanabile divergenza tra gli interessi degli agricoltori e degli industriali americani, che volevano un dollaro debole per continuare ad esportare, e quelli di Wall Street e delle sue banche: a questi ultimi serviva un dollaro forte per attirare i capitali dal resto del mondo. Non servivano invece alti tassi di interesse, perché un livello moderato avrebbe portato innumerevoli soggetti a finanziarsi in dollari americani piuttosto che in sterline inglesi. A Londra, infatti, il denaro costava più caro che in America, per via della deflazione che i governi inglesi avevano come obiettivo, per riportare il rapporto tra sterlina e dollaro ai livelli di prima della guerra.

Già in quelle condizioni, la scelta americana fu quella dei dazi sulle importazioni: occorreva proteggere il mercato interno dal crollo dei prezzi delle materie prime agricole e dei cereali sul mercato mondiale. Di converso, c'era un grande interesse alla stabilizzazione delle monete europee: non è casuale il fatto che sia stata proprio la Germania, nel 1924, a tornare per prima al gold standard. Qui, c'era una convergenza di interessi tra Inghilterra e Stati Uniti: nessuno si poteva permettere un marco debole, svalutato dalla iperinflazione, che avrebbe battuto qualsiasi concorrenza nell'export tedesco di prodotti industriali dell'industria, pesante e meccanica, e della chimica. E' chiaro che serviva un marco stabile, ancorato all'oro, non svalutabile.

Mentre l'Inghilterra deflazionava la sua economia, il dollaro diveniva la moneta di riferimento della finanza: gli Usa avrebbero dovuto ridurre la propria capacità produttiva, divenuta esuberante durante gli anni del conflitto, se si fosse voluto riportare in equilibrio il sistema produttivo globale. Ma questo avrebbe comportato per l'America un inaccettabile sacrificio: tutti, chi più chi meno, si erano arricchiti vendendo agli europei in guerra, e volevano continuare a farlo. Gli europei, a loro volta, erano chiusi in una morsa: se continuavano a comprare merci americane, non potevano ripagare i debiti contratti durante gli anni di guerra; se avessero ripagato i debiti contratti con il governo americano, non avrebbero avuto le risorse per importare dagli Usa.

Fu così, e per questo motivo, che un po' alla volta i debiti di guerra e le riparazioni tedesche vennero azzerate. Anche in Inghilterra c'era un forte contrasto di interessi: l'India aveva interesse ad una sterlina debole, per vendere più agevolmente i suoi prodotti agricoli sui mercati mondiali, battendo così la concorrenza americana, mentre l'Inghilterra voleva tornare ad una sterlina forte, con la City nuovamente al centro della finanza mondiale.

La crisi di Wall Street, nel '29, dipese dal fatto che investire nella Borsa americana era l'unico impiego conveniente per il capitale: i prezzi dei prodotti agricoli e quelli al consumo erano praticamente fermi da anni, mentre i valori delle azioni si quadruplicarono nel giro di un paio d'anni.

Il ritorno al gold standard in Europa, prima in Germania, poi in Italia, Francia ed Inghilterra, con un cambio sul dollaro tendenzialmente ai livelli di prima della guerra, aveva richiesto nel corso degli anni Venti una generalizzata deflazione di salari e prezzi, con enormi sacrifici sociali, in termini di redditi e di disoccupazione. Erano tutti indeboliti, quando arrivò l'onda d'urto della crisi di Wall Street, e non ci fu nulla da fare. I capitali americani vennero ritirati velocemente, accelerando i default di banche ed imprese, mentre negli Usa vennero chiuse le porte alla emigrazione europea.

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