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Tagliare le Pensioni d’oro: così volano solo stracci

Incapaci di scalfire il Potere vero, si soddisfa la voglia di vendetta di una Nazione impoverita ed inviperita

Il potere è una cosa seria. Meglio non metterselo contro, meglio fare finta di moralizzare: basta far volare gli stracci e prendersela con i Pensionati d'oro, “la Casta che fu”.

Non c'è niente di più complesso, quando si tratta di definire una normativa, che intervenire sulle situazioni in corso. E non tanto perché ci sia un principio assoluto di irretroattività quando si escluda il campo penale, ma perché la proposta deve essere innanzitutto razionale. Si deve quindi sostituire un sistema che ha una sua logica intrinseca con un altro che non solo deve avere caratteristiche di organicità e di non contraddittorietà, ma che deve essere ulteriormente motivato da esigenze superiori.

La proposta di legge sul taglio delle pensioni d'oro che è stata presentata alla Camera da M5S e Lega, è ancora più irrazionale.

Non basta scrivere pagine e pagine di relazione, per citare le sentenze della Corte costituzionale, ed i criteri generali che ne assicurerebbero la tenuta in quanto non si tratta di un provvedimento fiscale in qualche modo dissimulato, ma di una forma "alta" di solidarietà previdenziale. Il problema è che le disposizioni devono corrispondere concretamente a questi principi: non basta proclamarli.

C'è un primo problema: per le pensioni d'oro si cambia metodo rispetto ai vitalizi, visto che non si procede al ricalcolo della singola pensione sulla base del criterio contributivo. Ciò che sempre si proclama, che il sistema contributivo deve essere più equo perché ragguaglia esattamente il versato contributivo alla prestazione pensionistica, addirittura evapora. Taluno sostiene che è materialmente inapplicabile, in quanto mancano i dati dei versamenti effettuati, soprattutto per i dipendenti pubblici. La verità è che lo Stato non aveva una vera Cassa pensionistica a cui versare i contributi che tratteneva sugli stipendi, ma erogava direttamente le pensioni con partite solo contabili. Si ricorre allora ad un altro sistema: si rinviene un coefficiente di riduzione della componente retributiva della pensione, in modo tale che questa venga differenziata a seconda della decorrenza del trattamento e della età del soggetto al momento in cui ha iniziato a percepire la pensione. In pratica, più è bassa l'età del collocamento in pensione, più è alta l'attesa di vita e dunque se ne usufruirebbe immotivatamente per un periodo più lungo.

Qui gli errori sono clamorosi. Si propone di effettuare il ricalcolo delle quote retributive della pensione riducendole del rapporto derivante tra il coefficiente di trasformazione relativo all'età dell'assicurato al momento del pensionamento, come risultante dalla Tabella A allegata alla legge 335/1995 e successive modificazioni ed integrazioni (Riforma Dini), ed il coefficiente di trasformazione corrispondente all'età prevista per il pensionamento di vecchiaia, di cui all'articolo 24, comma 6 del decreto legge n. 201/2011 convertito in legge 214/2011 (Riforma Fornero).

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