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Euro ingestibile, BCE nel panico

Tassi negativi, capitali in fuga, svalutazione dell’euro, alta inflazione e recessione


Mentre la Fed non ha mai portato i tassi di interesse dei titoli di Stato in territorio negativo, la Bce ha operato con una enorme insistenza sul mercato, acquistandoli in maniera sostanzialmente proporzionale al peso economico di ciascuno Stato: chi aveva poco debito in circolazione, come la Germania, ha avuto per più tempo i tassi nominali più bassi e pesantemente negativi.

Il Tesoro italiano ha beneficiato della politica monetaria accomodante della Bce, sin dal primo Qe, con i BTP a dieci anni che hanno visto il tasso di interesse scendere considerevolmente: dal novembre 2018, quando era tornato al 3,5%, arrivò allo 0,5% nel dicembre 2020, per poi salire all'1% a gennaio 2021. Il deflusso di capitali verso il dollaro e la fine del PEPP a marzo scorso hanno determinato un aumento dei tassi sui BTP, saliti a razzo, fino a sfiorare il 4% a fine di agosto scorso.

A metà marzo del 2022 la Fed ha cominciato ad aumentare i tassi di interesse portandoli dallo 0,25% allo 0,5%; poi a maggio scorso all'1% ed a giugno all'1,75%. Infine, a fine luglio, li ha alzati ancora al 2,5%.

La Bce è molto più prudente: teme che una forte restrizione monetaria non solo pregiudichi gravemente il ciclo economico, già in difficoltà per via delle questioni energetiche e poi della guerra in Ucraina, ma soprattutto che si scarichi in modo asimmetrico sui titoli pubblici dei diversi Paesi, penalizzando quelli più indebitati, come l'Italia. Per limitare questa prospettiva, si è tenuta in mano la possibilità di reinvestire in modo libero la liquidità riveniente dalle scadenze dei titoli acquistati con il PEPP.

Il ritardo con cui la Bce sta operando sui tassi ha già creato un danno rilevante, per via della svalutazione dell'euro e dell'aumento spropositato dei prezzi delle importazioni che sta danneggiando le imprese e le famiglie. Il prossimo aumento, previsto a giorni, peggiorerà le aspettative congiunturali.
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