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La corsa contro il tempo

Niente più euro se la recessione non finisce presto.

Niente più euro se la recessione non finisce presto.

La disinvolta richiesta europea di congelare i depositi bancari di Cipro e di confiscarne un decimo ha suscitato due reazioni opposte, molto polarizzate ed entrambe fuorvianti.

La prima minimizza. L’economia di Cipro è minuscola, si dice. È un quarto di quella greca. Krugman, che ha fatto i conti, sostiene che ha la stessa dimensione della cittadina di Scranton, contea di Lackawanna, Pennsylvania nordorientale. L’Europa ha già chiarito che si tratta di misure che non verranno riprese in altri paesi. Tra i depositanti, d’altra parte, ci sono parecchi russi e, nell’opinione diffusa, ben gli sta. Sette miliardi di esseri umani non possono poi paralizzarsi nella paura per i problemi di un milione di ciprioti. I mercati hanno sbandato qualche ora, ma non è altro che la correzione che si aspettava da tempo. Il fatto che sia durata così poco dimostra solo l’impressionante forza del bull market. Si può quindi tornare tranquillamente a comprare.

La seconda reazione drammatizza. Paventa un’imminente ondata di fuga dalle banche di Grecia, Spagna, Portogallo e Italia e, come conseguenza in tempi brevi, una crisi bancaria continentale, il vano tentativo di arginarla attraverso la nazionalizzazione del credito e la rapida fine dell’euro. È come se ci fosse una scritta al neon, dice sempre Krugman schierandosi con questa scuola di pensiero, che dichiara aperta, in greco e in italiano, la corsa al ritiro dei depositi.

In realtà c’è del vero in entrambe le posizioni. Anche se la crisi di Cipro non è affatto finita, un rattoppo verrà trovato e l’episodio verrà rapidamente archiviato senza dare luogo a contagio. I depositi bancari, in Europa, sono molto stabili.

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