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Il silenzio assordante dei conflitti globali

Questa crisi è una sorta di "Armageddon" tra un modello socioculturale arrivato alla fine ed uno nuovo che deve riprendere il senso e l'armonia dello stare insieme al posto del nostro "bellum contra omnes".

Gli eventi che ogni giorno si susseguono nel mondo come quelli terribili delle guerre e degli scontri bellici, delle conseguenti reazioni, sembrano lontani tra di loro come se fossero guerre di interessi locali. Allo stesso modo le notizie che ogni giorno compaiono su altre e ben distinte pagine dei giornali parlano di economia, di finanza, di PIL, di prezzi delle materie prime, dei rapporti valutari tra monete diverse che servono a negoziare i beni delle varie specie e sembrano assolutamente distaccate da quelle precedenti come se non ci fosse nessuna correlazione tra andamenti economici e quelli sociali o comunque tutto viene trattato in modo da rendere complicata la correlazione tra due mondi come se fossero a compartimenti stagni. Ma è possibile separare una società di uomini dalle attività che le stesse società e gli stessi uomini fanno nella società e per la società per perseguire i loro personali interessi? Evidentemente no, ma fa comodo creare un gioco di ombre, di false luci e di specchi in cui non si riesce più a capire cosa si nasconde dietro tutto questo.
Forse è giunta l'ora di capire che sono in ballo equilibri globali perché la debolezza crescente di alcuni attori ha consentito agli altri di emergere e così si fanno le guerre sul campo, ma quelle più importanti sono da altre parti cioè nel campo dell'economia e della finanza. La finanza è il terreno di scontro dove avvengono gli scontri più alti e questo perché da trent'anni abbiamo attribuito ad essa il ruolo di verità incontrovertibile, razionale ed esatta, legittimata da tanti Nobel ma palesemente smentita dai fatti; lo potremmo definire un "falso ideologico" che ci è stato rifilato in modo autoreferenziale. Questa crisi è una sorta di "Armageddon" tra un modello socioculturale arrivato alla fine ed uno nuovo che deve riprendere il senso e l'armonia dello stare insieme al posto del mostro "bellum contra omnes", perché siamo nei fatti di fronte ad una crisi antropologica molto più complicata e difficile da risolvere di una crisi economica che se fosse tale sarebbe già stata risolta.

L'uomo si trova sempre a fare i conti con la sua natura oscillante tra aggressività e solidarietà, così i tamburi di guerra continuano a rullare nel cammino della nostra storia. Platone diceva che solo i morti vedono la fine della guerra e nel carteggio tra due grandi del nostro tempo, Einstein e Freud, ricorre la domanda: perché la guerra? Nel 1932, infatti, Einstein per conto della Società delle Nazioni chiede a Freud se siamo condannati dalla storia alla guerra o l'evoluzione delle società può essere un percorso virtuoso per porvi rimedio. Freud nella sua articolata risposta precisa che un pacifismo più condiviso, un atteggiamento più civile ed il timore degli effetti potevano ridurre questa spinta. Da lì a poco sarebbe cominciata la devastante seconda guerra mondiale, poi alla fine il dolore avrebbe portato alla saggezza della solidarietà ed alle dichiarazioni dei diritti dell'uomo. A distanza di tanti anni ci ritroviamo di fronte ad un equilibrio globale estremamente precario ed a troppi interrogativi senza risposte chiare.

La storia dell'uomo, però, evidenzia come nel tempo vi siano periodi storici in cui i conflitti diventano più numerosi e cruenti e coincidono con fasi in cui un modello socioculturale è arrivato alla fine – la nostra crisi è antropologica, ma non lo vogliamo capire per i troppo interessi in gioco. "Queste gravi forme di lotta sorgono nei periodi di transizione quando ad una forma culturale ne subentra un'altra, tra il vecchio edificio che si sta sgretolando ed il nuovo non ancora eretto; quando i valori socioculturali, a causa della loro completa atomizzazione, hanno reso lo scontro tra persone e gruppi dai valori differenti assolutamente irreparabile… Un'altra conseguenza in tali periodi è rappresentata dall'aumento delle malattie mentali e dei suicidi; ... i prevalenti valori di tipo sensistico si affermano ed il senso di solitudine e noia viene generato dall'incessante espansione sia delle voglie più smodate che dei mezzi per soddisfarle... Questi periodi si accompagnano all'abbassamento del tenore di vita e l'economia di lungo termine è rimpiazzata da un'economia basata sui profitti immediati o sul puro e semplice saccheggio…; questi periodi sono accompagnati da una catastrofica ed improvvisa crisi economica..." Queste riflessioni le faceva Pitirim Sorokin nel suo lavoro "La crisi del nostro tempo" scritto nel 1941 che dipinge con crudezza la situazione attuale ed il conflitto profondo sottostante.
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