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Fronte del porto

Dai profitti ai salari, il pendolo inizia a cambiare direzione

Per spiegare la debolezza del Pil americano nel primo trimestre che si è appena concluso si parla moltissimo del freddo e, molto meno, dello sciopero dei portuali della costa ovest. Il maltempo invernale fa discutere tutti gli anni perché tutti gli anni il global warming gira alla larga dal Nordamerica, che rimane stretto nella morsa del gelo e avvolto dal vortice polare.

Ogni anno, quindi, si accendono due tipi di dibattiti. Il primo è tra quelli che sostengono che l’inverno in corso è eccezionalmente freddo e quelli che fanno invece notare che erano parsi al momento eccezionalmente freddi anche tutti gli inverni precedenti. Il secondo dibattito è tra quelli che sostengono che il freddo spiega il deludente risultato del Pil e quelli che invece affermano che i principali dati macro escono da sempre regolarmente destagionalizzati, ovvero intiepiditi in inverno e rinfrescati d’estate, per cui è inutile girarci intorno e se un dato è brutto, è brutto e basta.

Più interessante, vista la qualità di questi dibattiti, appare quindi l’altra questione, quella dello sciopero che ha bloccato per alcune settimane i porti della costa ovest e impedito ai grandi magazzini di mezza America di esporre le nuove collezioni prodotte in Cina, rallentando altresì la produzione industriale, bloccata in molti casi dalla mancanza di componenti importati dall'Asia.

Abbiamo visto sul tema studi interessanti sulla perdita di competitività dei porti californiani, cari e inaffidabili. Abbiamo visto riflessioni sull'ampliamento del canale di Panama (e su quello che i cinesi vorrebbero scavare in Nicaragua) che permetterà a molte navi di evitare il porto di Los Angeles a favore dei porti texani.

(Nella foto: Marlon Brando in Fronte del Porto. Film. 1954)

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