Gli inglesi hanno sempre dato prova di usare la testa, e bene, quando si è trattato di scegliere come e quando combattere nemici esterni. A partire da
Elisabetta, che ha inferto un colpo mortale alla potente e tenebrosa Spagna di Filippo II,
gli inglesi hanno vinto sempre. Se ne sono stati fuori dalla carneficina della
guerra dei Trent'anni, aiutando comunque sottobanco i futuri vincitori. Hanno ridimensionato le velleità francesi trionfando nella
guerra dei Sette Anni prima e contro Napoleone dopo. Sistemata la Francia, ne hanno fatta un'alleata nelle due guerre mondiali che hanno piegato il Secondo e il Terzo Reich.
Così facendo hanno sempre regolato i tempi della storia europea, accelerandoli verso una modernità senza barbarie quando erano troppo lenti e rallentandoli quando erano troppo veloci, come nel caso del radicalismo giacobino francese. Seduti costantemente al tavolo dei vincitori, hanno dato il contributo decisivo al disegno e ridisegno della carta geografica europea.
Dal Congresso di Vienna fino a Versailles e Yalta hanno stabilito chi poteva sopravvivere e governare e chi no. Anche Cavour e Garibaldi non avrebbero potuto fare quello che hanno fatto se non fosse andato bene agli inglesi.
Dove gli inglesi hanno talvolta ascoltato più la pancia che la testa è stato negli affari di casa loro. Hanno trascorso gran parte del Seicento in uno stato di completo disordine e di conflitto civile straordinariamente complesso, travagliato e appassionato. Hanno sbagliato clamorosamente i calcoli nei confronti dei coloni americani, carne della loro carne, perdendo la guerra con gli Stati Uniti. Hanno pasticciato in Irlanda tra il 1919 e il 1921, tardando a tagliare le perdite e combattendo un conflitto inutile.
(Nell'immagine: Figure della guerra civile inglese. Carlo I, il re decapitato)