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Il grande gioco

Lo stallo geopolitico diventa stallo dei mercati


I mercati sembrano avere colto questa situazione da standoff messicano in cui tutti puntano la pistola contro tutti e rimangono bloccati. Lo stallo si allarga anche a loro. Anche la crisi dei missili di Cuba, nel 1962, fu accolta compostamente dalle borse benché ben più grave della crisi in corso.

La tensione geopolitica induce giustamente i mercati a ritenere che le banche centrali ci penseranno una volta di più prima di rischiare, alzando i tassi, di compromettere la crescita. E infatti il linguaggio delle banche centrali è tornato misurato, mentre il percorso della normalizzazione, inizialmente lasciato vago e aggiustabile strada facendo, appare oggi segnato in modo più nitido e quindi meno inquietante.

Il 9 marzo, un mercoledì, sarà per la Fed l'ultimo giorno del grande ciclo di espansione monetaria. Nei sei giorni successivi la Fed sarà neutrale e il settimo giorno, mercoledì 16, diverrà restrittiva. Tutto chiaro, tutto preannunciato. Il rialzo dei tassi sarà di 25 punti base, non di 50, e darà l'idea di un percorso calmo e ordinato.

La normalizzazione monetaria ordinata trasferirà il disordine all'inflazione, che non sarà più braccata con rialzi dei tassi appositamente dosati e aggiustati tatticamente in modo da avere la certezza di abbatterla entro la fine dell'anno ma sarà lasciata più libera di trovare la sua strada.

Noi faremo qualcosa per contenere l'inflazione, sembrano dire le banche centrali, ma non garantiamo il risultato. Se scenderà sul serio, bene, se scenderà poco, pazienza, vuol dire che ci consoleremo con lo spettacolare abbattimento del rapporto tra debito e Pil che stiamo vedendo, ancora più che in Italia, negli Stati Uniti. Con un Pil nominale che cresce a due cifre con il contributo decisivo dell'inflazione, il debito, in proporzione, appare sempre più piccolo.
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