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Un treno in anticipo

Siamo nel 2023, non nel 2024

I mercati, come è noto, cercano di giocare d'anticipo e di scontare il futuro nel presente. È un esercizio difficile, ovviamente, ed è reso ancora più difficile dal fatto che non è chiaro quale parte del futuro sia da incorporare nei prezzi di oggi: il futuro prossimo o il futuro remoto?

Ognuno si sceglie la porzione di futuro che preferisce scontare. C'è chi compra adesso perché pensa che fra un anno lo scenario sarà migliore e c'è chi lo fa perché pensa che fra un'ora potrà chiudere bene la sua operazione.

Il problema si pone in modo più acuto nei momenti, come l'attuale, in cui il consenso prevede prima una recessione (o anche un semplice soft landing) e, più tardi, una ripresa. Su quale dei due scenari va tarata l'operatività di oggi? Si deve vendere su forza perché cominciano a esserci segnali di rallentamento che nei prossimi mesi diventeranno più evidenti o bisogna invece comprare su debolezza perché è sempre più vicina la fine del ciclo di rialzo dei tassi e perché, una volta debellata l'inflazione, le banche centrali permetteranno alle economie di ripartire?

Ci sono poi altre complicazioni. Il ciclo delle diverse regioni del mondo in questo momento non è sincronizzato. L'Europa (probabilmente) e la Cina (sicuramente) si sono lasciate alle spalle il momento più difficile. La discesa dei prezzi dell'energia da una parte e la fine della politica dello Zero-Covid dall'altra fanno pensare a una stabilizzazione europea (non parliamo di ripresa immediata perché la Bce continuerà ad alzare i tassi) e a una buona ripresa cinese (legata questa volta ai consumi e non agli investimenti pubblici in infrastrutture) nella seconda parte dell'anno.
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