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Il ricatto dei Mercati

Ogni scusa è buona per condizionare Stati e Banche centrali

Tutto strano, davvero troppo: la Fed ha appena ridotto i tassi di un quarto di punto, bloccando il Quantitative Tightening, la vendita dei titoli detenuti in portafoglio ed acquistati durante la fase espansiva della politica monetaria, ma i mercati hanno reagito male. Il giorno dopo, si sono registrate perdite in Borsa, un po' dappertutto in giro per il mondo.

Strano, davvero strano.

Tutto si è aggravato subito dopo il tweet con cui Donald Trump ha annunciato i nuovi dazi alla Cina, dal 1° settembre. Poi è arrivata la nuova batosta: la Cina è stata inserita dal Dipartimento del Tesoro statunitense tra i Paesi che manipolano indebitamente il cambio, svalutando la propria moneta. Lo farebbe non solo per ridurre l’effetto dei dazi americani, quanto per rendere le proprie merci più convenienti sul mercato globale: cerca di recuperare così le quote di export perse negli USA.

I mercati si aspettavano, anzi pretendevano, un taglio più consistente da parte della Fed, di mezzo punto: sarebbe stato il minimo, per continuare a far salire le quotazioni.

Donald Trump, a sua volta, deve tenere alto il ciclo economico in vista delle prossime Primarie: contemporaneamente, è messo alle strette dai Mercati e dal suo stesso elettorato.

Il processo di riaggiustamento della bilancia commerciale americana con la Cina va a rilento: l’import è diminuito, ma l’export è sceso ancor più velocemente. Il problema è che, con la struttura dei costi di produzione degli USA, è praticamente impossibile competere con i Paesi del Sud-est asiatico. Mentre si riducono le importazioni dalla Cina per via dei dazi, aumentando quelle dagli altri Paesi dell’area, come il Vietnam.
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