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Note sul Rapporto Svimez 2017 sull'economia del Mezzogiorno

Il Sud aggancia la ripresa con una crescita del PIL dell'1,3% rispetto all'1,6% del Centro Nord, ma la ripresa è congiunturale e non strutturale


La situazione a me appare drammatica se si considera brevemente la sola dinamica degli investimenti pubblici. Nel 2016 hanno toccato il fondo con il 2,2% a livello nazionale e lo 0,8% nel Sud e, di nuovo, questo mina le possibilità di crescita a medio termine non solo nel Mezzogiorno ma anche nel Centro-Nord. Nell'ultimo cinquantennio - calcola la Svimez – la spesa pubblica per infrastrutture si è attestata al -2% annuo a livello nazionale come media ponderata di un -0,8% ne Centro-Nord e -4,8% nel Sud. Un dato drammatico se si confronta con quelli dei governi di Centro-sinistra degli anni '60 e primi anni '70 del secolo scorso. In termini pro-capite nel 1970 la spesa pubblica per infrastrutture pro-capite era di 450,8 euro nel Centro-Nord e di 673,2 euro nel Sud. Nel 2016, 296 euro nel Centro-Nord e -107 euro nel Mezzogiorno. E poi qualcuno non capisce il declino economico del Mezzogiorno e del resto del Paese.

È il risultato di una politica dissennata che prima ha portato ad individuare la Cassa per il Mezzogiorno come il vaso di Pandora di tutti i mali del Paese – anche se c'erano episodi di corruzione - poi all'abolizione dell'intervento straordinario, quindi (nel 2001) alla riforma del Titolo V della Costituzione e, otto anni dopo, alla legge n. 42 del 2009 c.d. Calderoli senza mai trovare l'accordo per definire un valido sistema di trasferimenti compensativi e, infine, nel 2011 sospende del tutto l'attuazione del federalismo fiscale e del coordinamento efficiente ed efficace delle politiche nazionali con quelle regionali e della finanza pubblica in generale.

Intanto il Centro-Nord, dopo aver contribuito alla liquidazione delle due principali Banche meridionali (quelle di Napoli e di Sicilia) continua ad assorbire i risparmi del Sud come dimostra il rapporto impieghi/depositi più alto nel Paese (1,83) e più basso al Sud (1,14) con conseguente difficoltà di trovare credito da parte delle piccole e medie imprese meridionali.

Nessuna meraviglia se permane alta la disoccupazione che spinge i lavoratori ad emigrare nonostante che, nei primi 8 mesi del 2017, siano stati incentivati 90 mila posti di lavoro. La povertà assoluta che riguarda il 10% delle persone nel Sud rispetto ad un 6% nel Centro-Nord e le politiche di austerità incidono pesantemente sui consumi interni. E tuttavia la domanda interna – scrive la Svimez - è riuscita a sostenere la ripresa nonostante le basse retribuzioni e le alte esportazioni.

A mio giudizio, si tratta di uno sforzo eccezionale determinato dalla disperazione e dalla volontà ultima di sopravvivere da parte delle imprese a fronte di un Paese che non ha una politica industriale opportunamente articolata a livello regionale e offre generosi incentivi e detassazioni a go go nell'ambito del programma Industria 4.0 alle imprese del Centro-Nord e qualche incentivo alle imprese meridionali. E' evidente che se tale politica non viene corretta opportunamente allargherà il divario tra Sud e Centro-Nord anche perché le Regioni meridionali non elaborano più programmi di sviluppo degni di questo norme e non chiedono di coordinare il loro sistema di incentivi con quello nazionale. Aumenta il disagio sociale al Sud penalizzato anche nel godimento di servizi pubblici meno efficienti e, quindi, con disparità nei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni che si aggiungono alla disparità nei livelli retributivi, determinati dal mercato.
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