Da quando
Sanders, con la complicità decisiva della Warren,
è stato fatto uscire di scena per sempre, le presidenziali americane del 3 novembre non sono più state oggetto di attenzione da parte dei mercati.
Biden è stato catalogato come una versione opaca e populista di Obama, un presidente con il quale i mercati hanno convissuto abbastanza male a livello micro ma molto bene a livello macro, e la questione è stata archiviata.
Poi è arrivato Covid e tutto il resto è passato in secondo piano.
Oggi Covid fa meno paura perché è meno virulento e più curabile. Le elezioni, in compenso, sono sempre più vicine e le probabilità che vinca Biden continuano a crescere. È ben vero che quattro anni fa a quest'epoca la Clinton veniva indicata in grande vantaggio ed è altrettanto vero che Trump è capace di rimonte spettacolari ma per chi investe non ha senso non cominciare a pensare seriamente a quello che potrebbe cambiare. Non dimentichiamo che la Clinton era impopolare, mentre Biden, pur non avendo nulla di elettrizzante, è più accettato. Quanto a Trump, il suo problema storico con l'elettorato femminile si è aggravato, mentre il suo punto di forza, l'economia, è in grave crisi.
La debolezza di Trump in questo momento è tale da riverberarsi su tutto il partito repubblicano, che secondo i sondaggi rischia a questo punto seriamente di perdere anche il Senato dopo avere perduto la Camera nel 2018. Ai repubblicani potrebbe restare solo la Corte Suprema, ma con una maggioranza risicata.
Il Senato è cruciale negli equilibri politici americani. Con un Senato ancora repubblicano Biden verrebbe seriamente limitato sul piano della politica fiscale, mentre potrebbe fare molto in caso di maggioranza democratica. Se poi i democratici optassero per modificare le regole sull'ostruzionismo, rendendone possibile l'annullamento a maggioranza semplice, l'ultima traccia di spirito bipartisan verrebbe cancellata dalla storia parlamentare americana, mentre il processo di radicalizzazione farebbe un grosso passo avanti.
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