Chi
costruisce il nuovo ordine mondiale? Mai previsione fu più sballata di quella su cui
Bill Clinton basò nel 2000 la apertura alla Cina delle porte del
Wto: avrebbe dovuto essere una soluzione win-win a quello che già allora era un problematico disavanzo commerciale americano.
Mentre le merci cinesi prodotte a basso costo, in un contesto normativo assai accomodante per quanto riguarda la tutela dei lavoratori e dell’ambiente, da allora hanno invaso il mondo consentendo a Pechino di accumulare un avanzo impressionante dei propri attivi, gli Usa si sono svenati per
cercare di preservare l’ordine mondiale dagli attacchi del terrorismo islamico.
E così, mentre gli Usa sono
diventati debitori netti verso il resto del mondo, e sono costretti a contare sulla benevolenza degli investitori stranieri per finanziare il debito pubblico ed il disavanzo commerciale, la
Cina aumenta la sua proiezione internanzionale allargando i cordoni della borsa. Pechino adotta verso i paesi economicamente poveri, specialmente in Africa, una politica di aiuto:
compra diritti di estrazione di materie prime ed in cambio finanzia infrastrutture e sviluppo, esportando più manodopera che merce.
Adotta il paradigma americano, che venne adottato in Europa dopo la fine della guerra mondiale con il
Piano Marshall: si creano
stretti legami di dipendenza politica e culturale, prima ancora che finanziaria ed economica.
La politica della
Presidenza Obama, centrata sul ritiro dall’Afganistan e dall’Iraq, aveva come obiettivo la creazione di un "
Nuovo Inizio" nei
rapporti con il mondo arabo e musulmano: nessun appoggio alle democrature illiberali, ai regimi autoritari e repressivi, perché avrebbero trasformato l’opposizione interna in una fronda violenta e soprattutto antioccidentale, per via del malcelato supporto fornito per anni a questi governanti corrotti ed antidemocratici.
Con un po’ più di cinismo, si potrebbe immaginare una
strategia di destabilizzazione dell’area mediorientale, che coltiva contemporaneamente
tre obiettivi:
primo, sterilizzare all’interno dell’area il conflitto storico tra le potenze arabe sunnite, principalmente Arabia Saudita, Egitto, ed Iran sciita;
secondo, rendere molto più complicato per la Cina costruire la "Nuova Via della Seta" che passa inevitabilmente per l’Heartland asiatico per approdare nel Mediterraneo;
terzo, usare la minaccia del terrorismo islamico che colpisce con sempre maggiore frequenza in Europa, e soprattutto in Francia, per creare un moviemto di opinione favorevole ad una reazione diretta contro l’Isis.