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I tempi della crisi

Si risolverà, ma occorrerà pazienza


Per dare un senso a queste cifre ricordiamo che negli ultimi quarant'anni il tasso di disoccupazione ha oscillato tra un minimo del 3.6 per cento (il livello di oggi) e un massimo del 10 (alla fine del 1982 e alla fine del 2009) e del 12 (nel giugno del 2020). Di fronte all'ampiezza di questa fascia di oscillazione, 1.3 punti di disoccupati in più potrebbero non sembrare gran cosa se non fosse che non è il livello assoluto ma la variazione a fare la differenza tra un'espansione e una recessione. Storicamente, in effetti, un rialzo di mezzo punto dei disoccupati ha sempre coinciso con una recessione.

Se i calcoli di Summers e Blanchard sono corretti (e negli ultimi due anni le loro stime sono sempre state molto migliori di quelle ufficiali) le previsioni del mercato di una rapida recessione seguita in primavera da una serie di ribassi dei tassi potrebbero non essere corrette.

In pratica, la Fed si troverebbe di fronte alla scelta tra due alternative.

La prima sarebbe quella non tanto di portare i tassi a un livello particolarmente alto, quanto di mantenerli sopra il tre per cento per un periodo più lungo di quello stimato oggi dal mercato (e quindi fino all'estate o all'autunno del 2023).

La seconda alternativa sarebbe quella di seguire per davvero la strada di Volcker e progettare non una ma due recessioni, intervallate da due o tre trimestri di ribasso dei tassi e di ripresa dell'economia e dei mercati.

Nel primo caso saremmo pronti a un ciclo di ripresa solido già alla fine del 2023. Nel secondo dovremmo seguire un percorso più complicato e aspettare il 2024 per dichiararci completamente guariti.
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