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Serve un Fisco che finanzi gli investimenti

Ormai non basta più tagliare il cuneo fiscale o detassare gli investimenti

Sono anni che l'Italia si barcamena con i pannicelli caldi alle imprese, dando un po' di sollievo sull'Irap e sull'Ires, o con le varie iniziative che sostengono fiscalmente gli investimenti, dall'ACE alle Sabatini-bis, fino alle varie "Tremonti".


Lo sappiamo bene che ci sono i Prenditori che fanno la fila per avere sussidi pubblici di ogni sorta, ma non perché esistono (come dappertutto) le mele bacate, si deve condannare l'Italia ad un futuro misero dal punto di vista produttivo.

Il Recovery Fund è solo una lista della spesa, che ci farà crescere poco e niente: sono finanziamenti a pioggia in innovazione informatica che andranno tutti in commesse all'estero ed investimenti nel settore delle infrastrutture che non daranno nessun beneficio reale. Dalla transizione energetica non ci aspettiamo granché: abbiamo già visto, in passato, a che cosa è servita.
Il PNRR, scritto sotto dettatura di Bruxelles, andrebbe direttamente cestinato: non un euro andrà alla crescita delle industrie manifatturiere italiane, che sono la spina dorsale della nostra economia.

Le imprese si sono barcamenate, negli anni scorsi, per aumentare la competitività tagliando tutti i costi, compresi i salari.

La flessibilità del mercato del lavoro è stato un mantra, ma ormai la migliore manodopera emigra all'estero dove viene retribuita meglio. C'è carenza di professionalità sia al livello più elevato che a quello più modesto: non solo mancano chirurghi ed infermieri, ma (si dice) anche bagnini, baristi e camerieri per "colpa" del reddito di cittadinanza. I salari offerti sono ad un livello risibile, come i praticantati professionali.
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