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56 / Grexit?

Incrociando le dita, anche l'ultimo scorcio di agosto è trascorso senza particolari traumi di natura economico- finanziaria. Anzi, a ben vedere, nell'ultimo periodo è stato possibile rilevare persino qualche nota di cauto ottimismo come le affermazioni di Monti che intravede finalmente uno spiraglio in fondo al tunnel o le dichiarazioni di Moody's che, forse guardando con la coda dell'occhio alla procura di Trani, afferma a sorpresa che l'Italia potrebbe uscire dalla crisi già nel 2013!

Tuttavia, guardando nel backstage della crisi, ci si rende conto che, al di là delle citate affermazioni ancora tutte da dimostrare, i problemi ci sono e sono incombenti. E tra questi spicca, ancora una volta, per gravità ed urgenza, la "questione greca" come dimostrato dalla fitta serie di incontri in corso tra il premier greco Samaras ed alcuni dei principali esponenti dell'Eurogruppo (Juncker, Merkel ed Holland). E' ormai appurato che nulla verrà deciso sulla questione ellenica prima del responso della Troika che redigerà a settembre un ennesimo rapporto sullo stato di salute dei conti greci (si teme un ulteriore buco di 3 mld di euro), tuttavia è altrettanto certo che i nodi sono ormai giunti al pettine e che in autunno bisognerà decidere sul destino della nazione ellenica.

In buona sostanza bisognerà scegliere, nell'ipotesi che la Grecia non sia in grado di rispettare gli impegni assunti, tra due opzioni:

1) staccare la spina con conseguente default, uscita dall'Euro e ritorno alla Dracma;
2) sostenere ad oltranza la Grecia, ancorché sotto rigorosissimi controlli, fino al consolidamento della situazione.

A questo proposito di recente il presidente dell'Eurogruppo Junker ha condensato in poche parole la questione affermando "l'uscita della Grecia dall'Euro è tecnicamente possibile, ma i rischi politici sono imprevedibili". Dunque la vera domanda da porsi è: ancorchè la Grecia si sia dimostrata poco credibile, non abbia rispettato tutti gli impegni presi, sia politicamente fragile, può l'Eurogruppo (o meglio l'Europa) permettersi il salto nel buio che inevitabilmente un default greco comporterebbe, con tutti i rischi e le incognite connesse? Probabilmente no.

Lo scenario è ancora talmente delicato, l'uscita dalla recessione ancora così incerta, la divisione tra gli Stati così accentuata, il processo di rafforzamento delle difese dell'Euro così "in cantiere" che, probabilmente, la risposta, almeno per il momento, non può che essere negativa. Se a tutto ciò aggiungiamo il "fattore S", ossia il sentiment che ha preso negli ultimi periodi il sopravvento e spinge i mercati a muoversi in base agli umori, alle paure, alle dubbie previsioni, spesso trascurando i fondamentali economici, la risposta è, ancor di più, negativa.

Infine il "fattore I " ossia l'incognito e l'incertezza: non esistono di fatto precedenti cui ispirarsi per cui tutte le simulazioni (a cominciare dal piano B dei finlandesi) rischiano di trasformarsi, a contatto con la cruda realtà, in inutili esercitazioni accademiche.

Cosa succederebbe nei giorni precedenti all'ipotetica conversione degli Euro in Dracme (che sarebbe un segreto di Pulcinella)? Come possiamo impedire che l'immediato default delle banche elleniche si trasmetta alle altre banche europee esposte sulla Grecia? E come possiamo impedire che rivolte popolari di greci senza stipendio e pensione e con in tasca Dracme senza valore spazzino via le istituzioni e la democrazia? Ed infine, come si può essere sicuri che, alle prime avvisaglie di un default ellenico, non si verifichi una immediata fuga dal debito italiano e spagnolo in grado di far implodere l'impalcatura dell'Euro?

Se siamo tranquilli ed abbiamo risposte sicure a questi ed altri quesiti simili, abbandoniamo pure la Grecia al suo destino, ma se abbiamo dei dubbi e vogliamo realmente salvaguardare l'Euro senza esporlo a rischi insostenibili, allora la Grecia, ancorché sottoposta ad un rigido tutoraggio, deve essere aiutata, da tutti, fino all'uscita dalla tempesta.
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