La
buona notizia è che la crescita, come evidenziato dai primi dati relativi a settembre, sta di nuovo accelerando. La pandemia, ora in fase di riflusso, sarà decisiva non solo per la domanda finale di beni e servizi ma anche per l'inflazione salariale. Se è vero (come è vero) che una parte consistente dei disoccupati sta a casa per paura del Covid, il venir meno dell'epidemia porterà di nuovo milioni di persone sul mercato del lavoro, che le sta aspettando con ansia ed è pronto ad accoglierle. A quel punto l'inflazione salariale avrà meno ragioni per salire. Un'inflazione salariale contenuta che si unisse alla ripresa dei consumi trainata dai nuovi occupati creerebbe uno scenario virtuoso e rassicurerebbe i mercati.Quanto alla nuova normalità del dopo-Covid è probabile che per qualche anno avremo,
per effetto delle politiche espansive, più crescita e più inflazione che nel decennio scorso, ma tutto nell'ordine di un punto percentuale, non di più.
La transizione al dopo-Covid (se il virus si ritirerà gentilmente dalla scena) richiederà ancora almeno la prima metà del 2022. Fino ad allora le banche centrali saranno ben attente a non provocare mal di pancia troppo seri ai mercati.
Storicamente, l'inizio della normalizzazione monetaria provoca sempre una reazione avversa delle borse, ma questa reazione lascia il passo, dopo qualche settimana, a una continuazione del rialzo.
L'idea generale rimane quella di mantenere le posizioni, sapendo però che una parte significativa del futuro prossimo è in balia della lotteria delle mutazioni del virus.
Restare investiti, quindi, ma accertarsi di avere posizioni sostenibili.
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