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L'ennesima crisi delle banche e la tutela del risparmio

Come si fa a proteggere risparmiatori e consumatori dalla pubblicità ingannevole e dalle vere e proprie truffe di operatori economici e finanziari senza scrupoli?

Il governo sta fronteggiando l'ennesima crisi bancaria. Ha adottato un decreto legge c.d. salva banche e, a fronte delle proteste degli azionisti ed obbligazionisti delle stesse, sta studiando misure di ristoro per questi ultimi. Ma prima di entrare nel merito di queste ultime conviene fare qualche passo indietro e ricordare quello che è successo, nel nostro paese, allo scoppio della crisi finanziaria del 2007.

La crisi inizia negli USA e raggiunge il suo acme con il fallimento di Lehman Brothers il 15-09-2008. Tra l'altro le banche italiane avevano indotto poco meno di 130 mila risparmiatori italiani a comprare le obbligazioni di detta banca d'affari e questo dopo che nel 2005 era stata approvata una legge per tutelare il risparmio che riprenderò dopo. Il panico si diffonde quindi nella Unione europea e, quindi, anche in Italia.

Con decreti legge e decreti attuativi delle leggi del 2008 e 2009 sono stati previsti i c.d. Tremonti bond di cui le banche potevano avvalersi per superare le fasi più acute della crisi finanziaria. Solo poche di esse se ne avvalsero con una spesa nell'ordine di 50-60 miliardi mentre negli altri Paesi membri della UE i governi garantirono prestiti per 3.800 miliardi pari al 30% del PIL e la Commissione europea in 4 anni dovette approvare deroghe alla disciplina sugli aiuti di Stato in 450 casi. Ma era la fase dell'emergenza ed era prioritario salvare le banche altrimenti i danni all'economia reale sarebbero stati di gran lunga più gravi. Nel frattempo, infatti, la crisi si era trasmessa al settore reale dell'economia. Gli aiuti alle banche avevano portato ad un aumento del debito pubblico di tutti i PM della UE. Obtorto collo meno in quei paesi come l'Italia che partiva con un debito molto più alto.

Secondo la narrazione governativa, le banche italiane erano sane e comunque, non avevano fatto grosse speculazioni con i prodotti derivati - disse Tremonti, allora Ministro dell'economia e delle finanze (Mef) pro-tempore - perché le banche italiane non parlano inglese e, quindi, non capivano bene quel tipo di operazioni. Come molti ricordano e, come se ciò non bastasse, a fronte di una crisi da molti tempestivamente riconosciuta come più grave di quella iniziata nel 1929, il governo Berlusconi, per tre lunghi anni, negò che la stessa interessasse il nostro paese. Ancora nella Primavera del 2011 andava raccontando che se la crisi c'era stata era di natura psicologica e, comunque, era già passata. Nel frattempo nella UE si centralizzava a Francoforte sul Meno la vigilanza e si costruivano altri strumenti finanziari di gestione e risoluzione di nuove eventuali crisi con l'obiettivo di creare una vera e propria Unione bancaria – tuttora da completare.

Si definiscono anche nuove regole sulle crisi bancarie mirate da un lato a salvaguardare gli interessi dei risparmiatori e dall'altro a disincentivare comportamenti scorretti da parte dei manager delle banche – purtroppo sempre nell'assunto fondamentale (secondo me, errato) che le banche sono imprese come le altre e che esse devono massimizzare i loro profitti. Chi sbaglia paga. Anche i risparmiatori che comprano azioni e obbligazioni delle banche, negando la sostanziale funzione pubblica della raccolta e dell'impiego del risparmio, come esplicitamente riconosciuta dall'art. 47 della nostra Costituzione.
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