Lo
Stato, insomma, concederebbe garanzie per far ottenere liquidità, che però rischierebbe di essere in buona parte
sottratta ai privati per onorare debiti di natura fiscale.
Non è questo il tempo di ragionamenti ordinari e più che mai come in questo periodo c'è bisogno di valutazioni dirompenti, di
scelte coraggiose che possano anche determinare dei rischi. Winston Churchill diceva che "
Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico".
Se in tempi "normali" tale felice similitudine mostra tutta la sua forza, in tempi di Covid-19 dovrebbe rappresentare una stella polare.
È arrivato il momento di dare sostegno e il giusto valore alle imprese e alle partita IVA, fulcro del motore produttivo e intellettuale di questo paese. Di recente e cioè nel giugno del 2019, a un noto studioso americano come Arthur Laffer, ideatore dell'omonima curva, è stata conferita dal Presidente degli Stati Uniti la
Medal of Freedom, assegnata a chi abbia dato un contributo meritorio speciale per l'accrescimento (anche culturale) della nazione. La
curva di Laffer evidenzia che
tanto più aumenta la pressione fiscale tanto meno vi sarà convenienza a produrre reddito, arrivando al paradosso che il 100% del prelievo fiscale determina l'azzeramento del reddito prodotto.
Mai come in questa delicata fase storica il fatto di ridurre drasticamente il carico fiscale a cittadini e imprese appare imprescindibile perché non ci si può sollevare in piedi dentro un secchio tirando il manico. Il "punto" è che qui non si discute di garantire soluzioni per la prosperità di un paese ma per evitarne una crisi irreversibile.
Siamo insomma dinanzi ad una sorta di aut aut.Sembra arrivata l'ultima chiamata per poter
ridurre il carico fiscale sino a dimezzarlo, a tutti i livelli. Con l'obiettivo futuro di rientrare gradualmente, se del caso, quanto meno nella media dei paesi europei. Porre il veto su tale ipotesi, invocando problemi di sostenibilità della stessa, significherebbe oggi comprovare quella
Teoria dell'illusione finanziaria che per primo ipotizzò Amilcare Puviani nel 1903, secondo cui la funzione della finanza pubblica non è determinata dai bisogni collettivi ma dalle contingenze che la spesa pubblica impone e che si perdono all'interno dei meandri del bilancio dello Stato, articolato e difficilmente intellegibile.
"