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Le bolle speculative: cosa sono, come nascono e quali potrebbero essere le prossime

Finanza · 19 novembre 2025 - 13.25
Una bolla speculativa si verifica quando il prezzo di un bene cresce molto più del suo valore reale, spinto dall’entusiasmo e dalla speranza di facili guadagni. Nasce spesso da una novità che attira interesse e porta molti investitori a comprare, imitando il comportamento degli altri. Quando la fiducia svanisce, la bolla scoppia e i prezzi crollano rapidamente. Nella storia ricordiamo la “tulipomania” del Seicento, la bolla delle Dot-com e quella dei mutui subprime del 2008.

Cosa sono le bolle speculative

Chi conosce un po' di storia economica, saprà per certo che le bolle speculative tendono a ripetersi nel tempo. Certo, la forma cambia, gli asset coinvolti cambiano, la tecnologia è evoluta, eppure la dinamica di fondo rimane quasi sempre la stessa: dapprima un’ondata di entusiasmo collettivo, seguita da un rialzo rapido dei prezzi, da un senso diffuso che “questa volta sia diverso” e, infine, arriva l’inevitabile crollo.

Una bolla speculativa si verifica quando il prezzo di un bene (un’azione, una casa, una criptovaluta, un bene materiale) sale molto oltre il suo valore reale. L’aumento del prezzo non è sostenuto dai fondamentali economici, ma principalmente dalla convinzione diffusa che il bene continuerà a rivalutarsi. Questa aspettativa di profitti futuri alimenta ulteriori acquisti, andando però a creare un circolo che gonfia i prezzi.

Immaginiamo una nuova criptovaluta che inizia a essere molto discussa online. All’inizio vale poco, ma è sufficiente che alcuni influencer o investitori famosi dicano che “salirà sicuramente” perché molte persone inizino a comprarla. E più persone la comprano, più il prezzo cresce, non perché la criptovaluta abbia davvero un utilizzo concreto, ma solo perché tutti si aspettano di rivenderla a qualcuno a un prezzo ancora più alto. Quando qualcuno inizia a dubitare del valore reale e vende, altri lo imitano: nel giro di poco tempo il prezzo crolla e chi ha comprato tardi subisce forti perdite.

In pratica, la “bolla” si gonfia finché c’è fiducia, ma quando l’ottimismo s’incrina, anche in maniera leggera, inizia la fase che porta all’esplosione. Alla luce di quanto scritto, vien da sé che l’aspetto centrale della bolla non è economico, ma psicologico: alla base c’è l’aspettativa condivisa che “salirà ancora”.

Come nascono le bolle speculative

Le bolle iniziano quasi sempre con un elemento reale: può essere una nuova tecnologia, una scoperta, una crescita improvvisa, un cambiamento regolatorio o di mercato.

All’innovazione segue l’entusiasmo: gli investitori più esperti entrano spesso per primi, poi seguono investitori sempre meno esperti, finché non ci casca anche quello che ha sempre storto il naso, perché “lo fanno tutti”.

Con il passare del tempo entrano in gioco fattori emotivi:
  • Fiducia crescente: si rafforza la percezione che il prezzo possa solo salire.
  • Effetto gregge: si compra perché lo fanno tutti.
  • Paura di perdere un’occasione: si investe senza analisi e senza conoscere l’asset.

Nella fase finale della bolla, gli ultimi arrivati acquistano ai prezzi più alti, spesso senza avere la possibilità di sostenere eventuali perdite.

Semplificando, e riprendendo il discorso che abbiamo fatto all’inizio, le bolle tendono sempre a seguire un percorso ricorrente, permeato della stessa logica. Potremmo sintetizzare il loro ciclo di vita in 5 fasi:
  • Spostamento: la novità reale entra nelle nostre vite e cattura la nostra attenzione. È l’innesco della miccia.
  • Boom: prezzi e interesse crescono, i media amplificano, arrivano nuovi capitali. E l’analisi razionale? Meglio ascoltare o leggere il racconto delle storie di successo.
  • Euforia: è il momento più pericoloso, in questa fase entrano anche investitori inesperti, aumenta l’uso della leva finanziaria, si accetta l’idea che stavolta sarà diverso.
  • Presa di profitto: gli investitori esperti entrati all’inizio iniziano a vendere. I massimi diventano meno netti e compaiono le prime crepe nella fiducia generale e indiscussa delle prime fasi.
  • Panico: un evento (utili deludenti, stretta sui tassi, scandali, shock geopolitico) fa scattare vendite di massa. La liquidità scompare, i prezzi precipitano più in fretta di quanto siano saliti.
A questo punto, vista la logica ricorrente di queste bolle speculative, la domanda legittima è la seguente: ci sono segnali per riconoscere le bolle e non farci ingannare?

Bolle speculative: quali sono i segnali per riconoscerle


Tutto sembrerebbe portarci a rispondere: sì, esistono i segnali per riconoscere le bolle speculative, quindi sarà facile bloccarle prima che si verifichino. Invece la realtà è diversa, perché riconoscere una bolla mentre si forma non è affatto semplice come possa sembrare. Ci si può però aggrappare ad alcuni indizi che ricorrono:
  • Aumento dei prezzi troppo rapido rispetto ai fondamentali economici.
  • Amplia copertura mediatica, spesso in toni entusiastici, narrativa salvifica.
  • Partecipazione di investitori inesperti e improvvisati, “consigli” ovunque.
  • Diffusione dell’idea che “stavolta è diverso”.
  • Uso crescente della leva finanziaria (acquisti con soldi presi in prestito).
  • Valutazioni difficilmente giustificabili rispetto ai dati reali (utili, domanda, costi).
Il minimo comun denominatore di tutti questi segnali? Il racconto: quando la narrativa sembra avere più valore dei numeri reali, allora significa che la bolla è già avanzata.

Certamente, una bolla speculativa può facilmente essere confusa con una normale crescita del mercato o con un periodo di forte espansione economica, perché in entrambe le situazioni i prezzi salgono, ma la differenza sta nel motivo di questo aumento: nella crescita sana, i prezzi aumentano perché l’azienda o il bene produce valore reale (più utili, più domanda, maggiore produttività), mentre nella bolla speculativa i prezzi crescono soprattutto perché tutti comprano.

Da un lato c’è una crescita solida sostenuta dai fondamentali e da numeri e dati reali, dall’altro un racconto fatto di aspettative ed euforia.

Un elemento spesso trascurato, infine, è l’effetto sociale: più un investimento sembra facile e alla portata di tutti, più aumenta il rischio di speculazione incontrollata.

Le bolle speculative più importanti nella storia: quali sono e quando sono avvenute

La prima bolla speculativa della storia fu quella ormai celebre dei Tulipani nei Paesi Bassi, che avvenne nella prima metà del 1600. In realtà, si tratta del primo caso storicamente attestato e ricostruibile: con ogni probabilità ci sono stati fenomeni simili in precedenza, che hanno avuto come oggetto della speculazione terre e merci in periodi quali il Medioevo o il Rinascimento, ma in merito non abbiamo dati chiari.

Nella tabella sottostante, quindi, elencheremo le bolle speculative più importanti nella storia, ovvero quegli eventi che oggi hanno ragione di essere definiti tali.

BOLLA SPECULATIVACOSA ACCADDE
1634-1637: Tulipani (Paesi Bassi) All’inizio, il tulipano era semplicemente un fiore elegante e costoso perché arrivava da lontano ed era difficile da coltivare. Poi, con il tempo, divenne un simbolo di prestigio: avere certi tulipani in giardino significava mostrare ricchezza e buon gusto. Da lì partì una corsa all’acquisto dei bulbi più rari, che cominciarono a essere scambiati come oggetti di investimento e non più solo come fiori. Il problema è che molte persone comprarono tulipani per rivenderli subito a qualcun altro a un prezzo più alto. In pratica era una scommessa continua e i bulbi passavano di mano più volte, spesso senza che nessuno li vedesse davvero.
Bastò un’asta in cui nessuno fece offerte perché la fiducia si spezzasse. Se non c’era più qualcuno disposto a comprare, quei bulbi non valevano più nulla. Così, nel giro di pochi giorni, i prezzi crollarono. Chi era entrato per ultimo, convinto di arricchirsi, rimase pieno di debiti e con bulbi divenuti quasi inutili. La portata economica, tuttavia, fu probabilmente meno devastante di quanto spesso si racconti.
1719-1720: Compagnia del Mississippi (Francia) Nella prima parte del Settecento, in Francia c’era un enorme debito pubblico e si cercava un modo per ripagarlo. Un economista e banchiere, John Law, propose una grande idea: la Francia avrebbe guadagnato grazie ai ricchi commerci nelle colonie americane e le azioni della Compagnia del Mississippi avrebbero reso tutti più ricchi.
La gente iniziò a comprare azioni perché tutti dicevano che avrebbero fatto fortuna, e lo Stato stesso incoraggiava questo entusiasmo. Circolava moltissima carta-moneta, cioè denaro creato facilmente, e questo alimentava la corsa agli acquisti.
La realtà, tuttavia, era ben diversa: i profitti promessi non arrivarono davvero. E quando ci si accorse che i guadagni non erano così grandi, la fiducia crollò rapidamente. Le persone cercarono di vendere le azioni tutte insieme, i prezzi precipitarono e il sistema finanziario francese entrò in crisi.
1720: South Sea Company (Regno Unito) Nello stesso periodo della “bolla” sopra descritta, anche in Inghilterra nacque un sogno simile: la South Sea Company prometteva enormi profitti dal commercio con le colonie dell’America del Sud. L’idea era affascinante e sembrava un’occasione unica.
Politici, aristocratici e investitori influenti iniziarono a parlarne come di una fonte di ricchezza sicura, e questo spinse migliaia di persone a comprare azioni, spesso senza capire davvero cosa stessero acquistando.
Il problema era che i commerci reali erano molto più limitati di come venivano raccontati. Quando si iniziò a sospettare che i profitti promessi non sarebbero mai arrivati, tutti provarono a vendere nello stesso momento. A quel punto, i prezzi crollarono e molte persone, dalle famiglie comuni ai nobili, persero grandi quantità di denaro in pochi giorni.
1843-1847: Railway Mania (Regno Unito) Ai suoi inizi, la ferrovia sembrò a tutti essere una rivoluzione totale: collegava città lontane, velocizzava il commercio e faceva immaginare un futuro di opportunità infinite. L’idea prese rapidamente: costruire binari significava partecipare al progresso. Così, investitori di ogni tipo iniziarono a comprare azioni di nuove compagnie ferroviarie.
Il problema è che si cominciò a progettare linee praticamente ovunque, anche dove non c’era né abbastanza popolazione né abbastanza traffico per giustificare i costi. I bilanci erano ottimistici, spesso troppo ottimistici.
Quando si capì che molte tratte non avrebbero mai prodotto i ricavi sperati, la fiducia s’incrinò. I prezzi delle azioni crollarono, numerosi progetti vennero abbandonati e molti risparmiatori ordinari attirati dall’idea di investire nel futuro, subirono perdite pesanti.
1920-1926: Florida Land Boom (USA) Negli anni ’20 la Florida veniva raccontata come un paradiso in piena crescita: mare, sole e la promessa che comprare un terreno lì sarebbe stato un investimento sicuro, perché, almeno a quanto si diceva, il valore della terra non può scendere.
Così, la gente acquistava lotti spesso senza neanche visitarli, solo per rivenderli subito a qualcuno disposto a pagarli di più. Terreni e case passavano di mano velocemente, come se si scambiassero figurine. Tuttavia, questa corsa continuava solo perché tutti credevano che i prezzi sarebbero aumentati all’infinito.
Bastò poco per far saltare l’incantesimo: un uragano devastò la regione e, allo stesso tempo, i trasporti rallentarono, rendendo difficile far arrivare materiali da costruzione.
A quel punto, fu chiaro che la crescita non era per niente solida. La fiducia crollò, i prezzi scesero rapidamente e chi aveva comprato tardi rimase con terreni svalutati e debiti difficili da ripagare.
1920-1929: boom degli anni Venti e crollo di Wall Street (USA) Negli anni Venti l’economia americana sembrava praticamente invincibile: la produzione industriale era in crescita, ci si meravigliava all’arrivo delle nuove tecnologie, l’ottimismo era diffuso. In Borsa, però, molti investitori compravano azioni a credito, cioè prendendo soldi in prestito sperando di rivenderle più care. Finché le notizie erano positive, i prezzi continuavano a salire e tutti si sentivano più sicuri.
Tuttavia, quando alcune aziende iniziarono a pubblicare risultati meno brillanti del previsto, la fiducia iniziò a calare. Chi aveva comprato a debito fu costretto a vendere in fretta per rientrare dei prestiti e queste vendite forzate trascinarono i prezzi ancora più in basso.
Il 29 ottobre 1929, era un martedì, la Borsa crollò.
Le conseguenze non restarono però confinate nei mercati finanziari: le banche finirono in difficoltà, le imprese ridussero la produzione, ci furono molti licenziamenti, e infine si arrivò alla Grande Depressione, che colpì l’economia reale e milioni di persone.
1986-1991: Bolla giapponese (azioni e immobili) Negli anni Ottanta il Giappone viveva una fase di grande crescita: lo yen era forte, i tassi di interesse molto bassi e le banche erano pronte a concedere prestiti con facilità. Questo portò famiglie e imprese a investire in modo massiccio in azioni e, soprattutto, in immobili.
La corsa fu così intensa che i prezzi salirono a livelli quasi irreali e sembrava che i prezzi non potessero mai scendere.
Quando però la Banca del Giappone decise di alzare i tassi per frenare l’euforia, tutto cambiò. Con il costo del denaro più alto, i prestiti divennero pesanti da sostenere. I prezzi di case e titoli iniziarono a scendere allo stesso tempo.
Fu così che le banche si ritrovarono con mutui non rimborsati e immobili che non valevano più quanto previsto. Il risultato fu una lunga fase di stagnazione economica, quello che viene chiamato “il decennio perduto”, che in realtà durò quasi due decenni (dal 1991 al 2010 circa).
1997-2001: Dot-com (USA/Europa) Alla fine degli anni Novanta Internet sembrava destinata a cambiare tutto, e in parte era vero. Nacquero centinaia di nuove aziende online, molte con idee interessanti, ma senza un vero modello per guadagnare: avevano tanti utenti, ma pochi ricavi e nessun profitto. Gli investitori, però, erano convinti che bastava crescere: più visite, più capitalizzazione, più futuro. Le azioni di queste startup salirono così vertiginosamente, anche quando l’unica cosa che avevano erano un sito web e una promessa.
Finché i soldi erano facili e gli investitori pazienti, i prezzi continuarono a salire. Ma alla prima serie di risultati economici deludenti, la realtà emerse: le aziende non incassavano quanto ci si aspettava. Il Nasdaq crollò, molte startup sparirono e solo le aziende davvero solide (Amazon, Google) sopravvissero e costruirono quel futuro che oggi è il nostro presente.
2003-2008: Immobiliare USA e mutui subprime Per anni, negli Stati Uniti, si è diffusa l’idea che il valore delle case potesse solo aumentare e questa convinzione ha incoraggiato molte banche a concedere mutui anche a chi aveva difficoltà a pagarli, creando prestiti ad alto rischio, i cosiddetti “subprime”.
Quei mutui venivano poi raggruppati e trasformati in prodotti finanziari venduti come sicuri. In apparenza, sembrava tutto senza pericoli.
Quando la banca centrale aumentò i tassi di interesse, le rate dei mutui iniziarono a pesare di più. Molte famiglie non riuscirono più a pagare, i pignoramenti aumentarono e, di conseguenza, anche il valore delle case scese. Fu a quel punto che l’intero castello crollò: a essere travolti furono titoli immobiliari, banche, assicurazioni e borse. La crisi, partita dai mutui di singole famiglie, si trasformò in una crisi finanziaria globale.
2014-2015: Borsa cinese (A-share) In quegli anni, molti cittadini iniziarono a investire in Borsa per la prima volta. La narrativa dominante era: “Investire in Cina significa sostenere il Paese e partecipare alla sua crescita”. Inoltre, nei media iniziavano a circolare storie di guadagni veloci ottenuti da persone comuni. Molti risparmiatori comprarono azioni prendendo soldi in prestito, convinti che i prezzi sarebbero saliti ancora.
Quando le autorità cinesi cercarono di frenare l’euforia, imponendo qualche limite ai prestiti e all’uso della leva, la fiducia iniziò a traballare. Bastò questo a invertire il movimento: chi era entrato a debito fu costretto a vendere e la caduta si amplificò.
La Borsa crollò in poco tempo e il governo fu costretto a intervenire per evitare un effetto domino sul sistema finanziario. Molti piccoli investitori rimasero con perdite significative.
2017-2022: Criptovalute e NFT L’idea alla base era di quelle rivoluzionarie: un sistema finanziario senza banche e beni digitali davvero unici da possedere. Questo attirò moltissime persone, affascinate dalla sensazione di trovarsi dentro una rivoluzione tecnologica.
La crescita fu alimentata anche da liquidità globale abbondante (denaro a basso costo) e dalla paura di restare fuori mentre altri sembrano arricchirsi.
Il problema è che, in molti casi, i prezzi salivano più veloci dell’uso reale. Alcuni progetti avevano applicazioni concrete, ma molti altri esistevano solo perché qualcuno era disposto a pagarli di più.
Quando la liquidità iniziò a ridursi e la leva venne ritirata, le quotazioni scesero bruscamente. Gran parte del mercato si sgonfiò: solo poche realtà consolidate, con utilità dimostrabile, hanno continuato a crescere o a sopravvivere.
2020-2021: SPAC e meme stocks Durante la pandemia, i tassi di interesse erano quasi a zero: prendere in prestito costava pochissimo e molte persone avevano soldi da parte o più tempo libero. Intanto, le piattaforme di trading online avevano reso investire molto semplice, eseguibile letteralmente dal telefono, con pochi click o tocchi.
Su forum e social network nacquero comunità che non solo discutevano di investimenti, ma spingevano alcuni titoli come se fossero cause da sostenere. Alcune azioni iniziarono a salire non perché le aziende guadagnassero di più, ma perché diventavano fenomeni virali.
Molti comprarono “perché lo facevano tutti”, convinti che la corsa sarebbe continuata. Finché i tassi rimasero bassi e la liquidità abbondante, i prezzi continuarono a salire. Quando le banche centrali iniziarono ad alzare i tassi per contrastare l’inflazione, il denaro si fece più caro e la propensione al rischio si ridusse. A quel punto, emerse ciò che non era ancora evidente: alcune aziende non avevano basi solide, utili stabili o prospettive reali.
Senza la spinta dell’entusiasmo collettivo, molte quotazioni sono scese rapidamente, lasciando chi era entrato tardi con perdite significative.


Bolle speculative in prospettiva: oggi esistono le condizioni?


Il contesto attuale combina fattori che, storicamente, favoriscono eccessi: prima di tutto l’innovazione. Poi troviamo abbondanza di capitali verso pochi temi dominanti, catene del valore ancora in assestamento e narrative forti e diffuse ovunque grazie ai social media.

Quelle che elencheremo di seguito non sono le sicure bolle speculative di domani, ma sicuramente fronti caldi da osservare con attenzione.


Tema/ Settore / AssetPerché può diventare una bolla speculativaChe cosa guardare
Intelligenza artificiale e tecnologia avanzata L’interesse per l’AI è globale e sostenuto da investimenti enormi. Le aziende leader hanno fondamentali solidi, ma molte realtà più piccole ricevono valutazioni elevate senza ricavi concreti. L’euforia è reale e la narrazione del cambiamento epocale ricorda molto i toni della bolla Dot-com. Per capire se la corsa all’AI è sostenibile, non si guarda solo a quanto i prezzi salgono. Si osserva se gli enormi investimenti generano ricavi reali, se i data center vengono usati davvero, quanto è lunga la strada verso la monetizzazione e quanto gli utili sono concentrati su pochi attori. Se questi fattori si allargano nel tempo, la crescita è solida. Se invece rimangono stretti, aumenta il rischio di sopravvalutazione.
Criptovalute e finanza digitale Il mercato continua a essere fortemente influenzato da sentimenti di entusiasmo e panico e gli asset non hanno ancora un legame stabile con l’economia reale. A fasi di euforia si alternano rapide compressioni di prezzo, specialmente quando la narrativa si allenta. L’innovazione di base procede, ma la volatilità resta strutturale. Per capire se criptovalute e asset digitali sono in fase di bolla, si devono osservare alcuni indicatori chiave: quanta leva finanziaria viene utilizzata nelle piattaforme on-chain, quanto il mercato è concentrato in poche grandi posizioni, quanto i prezzi si muovono insieme alla liquidità globale e, soprattutto, se esiste un reale utilizzo dell’asset oltre la speculazione. Quando questi fattori si allargano, il rischio aumenta.
Immobiliare (in alcuni mercati) In diverse aree urbane, soprattutto negli Stati Uniti e in parte dell’Asia, i prezzi delle case risultano molto distanti dai redditi reali. Se i tassi sui mutui restano alti o l’economia rallenta, la domanda può indebolirsi e portare a correzioni dei prezzi. Ovviamente non è un nuovo 2008, ma il contesto richiede attenzione, soprattutto perché il mercato immobiliare reagisce rapidamente quando il costo del denaro cambia. Per valutare se il mercato immobiliare sta entrando in una bolla, si osserva quanto i prezzi delle case crescono rispetto al reddito disponibile, quanta parte dei mutui è a tasso variabile (e quindi più esposta a rialzi dei tassi), il livello di immobili sfitti e quante nuove costruzioni sono già in cantiere. Se questi valori si allargano troppo, il rischio di surriscaldamento aumenta.
Green La transizione energetica è reale e necessaria, e continuerà a muovere investimenti per anni. Il rischio di bolla non riguarda l’idea in sé, ma il fatto che alcune aziende della filiera stanno venendo valutate a cifre molto più alte dei profitti che possono realmente generare. In segmenti dove i margini sono instabili (ad esempio: produttori di componenti, fornitori di tecnologie non ancora mature o progetti che dipendono da incentivi pubblici), le aspettative potrebbero essere eccessive. Per valutare se alcuni segmenti della transizione energetica stanno entrando in una fase di sopravvalutazione, si deve osservare il divario tra il costo del capitale e i ritorni attesi dei progetti, il grado di dipendenza da incentivi e sussidi pubblici e quanto i prezzi finali siano sensibili a variazioni della domanda. Se questi fattori diventano fragili, il rischio bolla aumenta.


Quel che è certo è che non si può parlare sempre di bolla, ma si può dire però che esistono sacche di sopravvalutazione dove il capitale, la narrativa e le aspettative si sono accumulate più rapidamente dei risultati misurabili. È naturale che pensare che una tecnologia possa guadagnare il mondo, ma pensare che tutte le aziende che cavalchino quella tecnologia sopravvivano è una cosa differente. Per questo motivo, per saper riconoscere una bolla è necessario distinguere tra innovazione reale e aspettative gonfiate, guardare ai fondamentali, mantenere una visione di lungo periodo, non farsi guidare dall’urgenza del guadagno rapido.

È vero che la storia non si ripete mai nella stessa forma, ma spesso, come in una poesia, il verso successivo fa rima.
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