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Svimez, emergenza lavoro: al Sud 600mila famiglie con tutti i membri disoccupati

Aumenta il fenomeno dei "working poors", il lavoro a bassa retribuzione

Italia letteralmente spaccata in due, con il Nord, virtuoso, che va a passo spedito e il Sud che rincorre, a fatica e spesso zoppicando: questione ormai nota e ahimè mai risolta.

"Che esista una questione meridionale, nel significato economico e politico della parola, nessuno più mette in dubbio. C'è fra il nord e il sud della penisola una grande sproporzione nel campo delle attività umane, nella intensità della vita collettiva, nella misura e nel genere della produzione, e, quindi, per gl'intimi legami che corrono tra il benessere e l'anima di un popolo, anche una profonda diversità fra le consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale". sosteneva Giustino Fortunato, uno dei più importanti rappresentanti del Meridionalismo, agli inizi del 1900, che puntava i riflettori su una vicenda che resta tristemente attuale e irrisolta.

Nord e Sud, due destini che solo in prima lettura sembrerebbero paralleli ma che in realtà sono strettamente legati visto che la crescita del Mezzogiorno è "fortemente influenzata dall’andamento dell’economia nazionale, e viceversa".
Sono ancora una volta i numeri a fotografare una situazione che deve far riflettere.

Praticamente raddoppiato il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione.In otto anni (dal 2010 al 2018) si è passati da 362 mila a 600 mila (al Centro – Nord sono 470 mila). Anche il numero di famiglie senza alcun occupato è cresciuto tra il 2016 ed il 2017 del 2% all’anno. Lo dicono i dati dell’anticipazione del Rapporto realizzato dallo "Svimez" (Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno), l’istituto che promuove lo studio delle condizioni economiche del Meridione.
La crescita del Mezzogiorno , si diceva è "fortemente influenzata dall’andamento dell’economia nazionale, e viceversa". La dimostrazione arriva dal fatto che nel periodo 2000-2016 le due macro-aree hanno condiviso la stessa dinamica stagnante del PIL pro capite: "+1,1% in media annua. Basti pensare che, in base ai calcoli della SVIMEZ, 20 dei 50 miliardi circa di residuo fiscale trasferito alle regioni meridionali dal bilancio pubblico ritornano al Centro-Nord sotto forma di domanda di beni e servizi".

A preoccupare l'aumento del fenomeno dei working poors ovvero la crescita del lavoro a bassa retribuzione e del part-time.

Quello che manca al Sud, secondo lo SVIMEZ, è anche il contributo della spesa pubblica. A trainare la ripresa, infatti, sono gli investimenti privati che nel Mezzogiorno sono cresciuti del 3,9%, consolidando la ripresa dell’anno precedente: "l’incremento è stato lievemente superiore a quello del Centro-Nord (+3,7%). La crescita degli investimenti al Sud ha riguardato tutti i settori. Ma rispetto ai livelli pre-crisi, gli investimenti fissi lordi sono cumulativamente nel Mezzogiorno ancora inferiori del -31,6% (ben maggiore rispetto al Centro-Nord, -20%). Preoccupante, invece, la contrazione della spesa pubblica corrente nel periodo 2008-2017, -7,1% nel Mezzogiorno, mentre è cresciuta dello 0,5% nel resto del Paese".

LA GRANDE FUGA - Ma c'è un altro dato che non può non allarmare: Negli ultimi 16 anni quasi 2 milioni di persone hanno lasciato il Mezzogiorno, per la precisione 1 milione e 883 mila residenti: la metà giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all'estero. Quasi 800 mila non sono tornati.

DIRITTI LIMITATI - Ancora oggi i diritti di cittadinanza restano limitati sia in termini di vivibilità dell’ambiente locale, che di sicurezza, per i non adeguati standard di istruzione, di idoneità di servizi sanitari e di cura per la persona adulta e per l’infanzia. "In particolare – si legge nel rapporto – nel comparto socio-assistenziale il ritardo delle regioni meridionali riguarda sia i servizi per l’infanzia che quelli per gli anziani e per i non autosufficienti. Più in generale, l’intero comparto sanitario presenta differenziali in termini di prestazioni che sono al di sotto dello standard minimo nazionale".

RISCHIO FRENATA NEL 2019 - In base alle previsioni elaborate dalla Svimez, nel 2018, il PIL del Centro-Nord dovrebbe crescere dell'1,4%, in misura maggiore di quello delle regioni del Sud +1%. I consumi totali interni pesano sulla differente dinamica territoriale (+1,2% nel CentroNord e + 0,5% nel Sud), in particolare i consumi della P.A., che segnano +0,5% nel Centro-Nord e -0,3% nel Mezzogiorno. Ma è soprattutto nel 2019 che si rischia un forte rallentamento dell'economia meridionale: la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud. In due anni, un sostanziale dimezzamento del tasso di sviluppo. Il rallentamento "tendenziale" dell'economia meridionale nel 2019 è stimato dalla Svimez, in un contesto di neutralità della policy, in attesa della Nota di aggiornamento al Def e della Legge di Bilancio. In assenza di una politica adeguata, anche l'anno prossimo il livello degli investimenti pubblici al Sud dovrebbe essere inferiore di circa 4,5 miliardi se raffrontato al picco piu' recente (nel 2010).
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