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La via dello shopping in tempo di crisi

Spacci aziendali, outlet e stock house
La crisi economica che da qualche anno ci attanaglia e da cui si tenta, con fatica, di uscire ha messo a dura prova, non la voglia, ma il potere d'acquisto dei consumatori. Proprio per questo se le vie dello shopping sembrano essere finite, le vie del risparmio si sono moltiplicate.

Outlet, spacci aziendali e stock house, potrebbero essere queste le strade che vengono battute dai clienti sempre in bilico tra la voglia di fare shopping e quella di far quadrare i conti. L'offerta di questi esercizi commerciali è straripante, anche se non sempre è facile orientarsi.
Cresciuti a vista d'occhio come veri baluardi del risparmio, queste rivendite si contraddistinguono per un rapporto qualità - prezzo che promette sempre di essere adatto ad ogni gusto, ma soprattutto ad ogni portafoglio.
Ma quali sono le differenze fra queste tre tipologie di esercizio commerciale? Come in ogni vademecum che si rispetti, proviamo a dare qualche definizione.

Lo spaccio aziendale, realtà ormai consolidata da decenni nel nostro Paese, è un punto vendita di proprietà del produttore, in locali situati di solito vicino alla stessa fabbrica da cui è uscito il prodotto. Gli spacci sono rivendite delle collezioni passate o delle seconde scelte di una sola marca, quella appunto della fabbrica da cui esce il manufatto. Negli spacci si trova un di tutto un po': collezioni passate, articoli di seconda scelta, prototipi, rimanenze, campionari e capi di abbigliamento che non vengono messi in commercio a causa di qualche piccolo difetto spesso invisibile. Negli spacci aziendali il risparmio è reale e può arrivare anche fino al 50% .

Gli outlet, fino a qualche anno fa identificati come "open space" che vendevano le rimanenze di magazzino di diverse marche (il più delle volte senza le etichette), oggi sono punti vendita dove è possibile acquistare di tutto. Si va dagli accessori alle calzature, dall'abbigliamento di grandi marche a prezzi convenienti, ma anche agli elettrodomestici più recenti. Gli outlet ripropongono collezioni di marca di alcune stagioni precedenti con sconti che partono solitamente dal 30%.
Negli ultimi anni, in seguito alla continua crescita di domanda di prodotti outlet, alcune produzioni di fabbrica nascono e sono destinate a questo canale di distribuzione commerciale. Le ripercussioni di queste nuove produzioni create ad hoc è che il cliente può acquistare prodotti alla moda, ma non riesce più a quantificare il reale risparmio. I commercianti, dal canto loro, parlano di concorrenza sleale, tanto che Confesercenti di Firenze, lo scorsa estate, ha chiesto una legge regionale per disciplinare gli outlet. ''Gli outlet godono di un specie di vuoto normativo che danneggia gli altri negozi e anche i consumatori - ha detto Nico Gronchi, presidente della Confesercenti fiorentina - Se all'inizio, i "factory outlet center", vero nome di questi centri commerciali, sono nati per vendere solo rimanenze e stock di fine stagione, da qualche tempo, invece, accade che fin dall'inizio esista una produzione finalizzata sin dall'origine a questi punti vendita su grande scala''. Se c'è un vuoto normativo in questo senso, tuttavia i diritti dei consumatori, nell'ambito di acquisti effettuati presso un outlet, sono regolarmente tutelati dalla legge per quanto concerne esposizione dei prezzi, trasparenza di sconti ed eventuali difetti della merce, resi, garanzie ecc.

Al contrario degli outlet e degli spacci aziendali, le stock house vengono invece gestite da un commerciante e sono multimarca. Il titolare del punto vendita compra in blocco, a prezzi convenientissimi, intere collezioni, rimanenze, campionari di abbigliamento, accessori, da negozi in chiusura, in via di fallimento o più semplicemente perché gli stessi, hanno sovrascorte in magazzino. In queste rivendite lo sconto va dal 20% al 40%.


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