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Giovani autonomi tormentati dal Fisco e dall'Inps

E' entrato in vigore il nuovo regime dei minimi: panico tra gli autonomi, tartassati anche dall'aumento dei contributi previdenziali per gli iscritti alla gestione separata dell'INPS

Dal 2015 i contribuenti che intendono avviare una nuova piccola impresa o attività professionale potranno accedere subito al nuovo regime dei minimi, introdotto dalla Legge di Stabilità, direttamente al momento della richiesta di apertura della partita IVA. Lo ricorda l'Agenzia delle Entrate spiegando che grazie a questa novità con un semplice segno di spunta sul modello, le nuove partire IVA che intendono esercitare in forma individuale, con ricavi o compensi tra 15 mila e 40 mila euro (a seconda del tipo di attività economica) potranno avvantaggiarsi di un sistema di favore con meno adempimenti e meno imposte da pagare. Con il nuovo regime forfettario per i piccoli contribuenti l'imposta unica, che sostituirà Irpef, addizionali regionali e comunali e Irap, sarà ad aliquota fissa del 15% sul reddito imponibile determinato forfettariamente sulla base dei ricavi o dei compensi. Nessuna ritenuta d'acconto da applicare ed esonero dal versamento dell'IVA e dai principali adempimenti come, ad esempio, l'obbligo di registrazione e di tenuta delle scritture contabile tra gli altri principali vantaggi derivanti dall'adesione al nuovo regime.

Brutte notizie per il giovane popolo delle partite IVA

Ma qualcosa in questo nuovo regime sembra non funzionare, soprattutto per il giovane avvocato o architetto, che si trova a dover pagare molto di più. Prima, infatti, le giovani partite IVA pagavano il 5% di Irpef, a patto di guadagnare meno di 30 mila euro l'anno, mentre ora c'è solo il 15%... per tutti. C'è però la possibilità di accedere al “bonus”, ma soltanto sulla base dei ricavi: le soglie variano a seconda del tipo di attività esercitata, da 15mila per le attività professionali a 40mila euro per il commercio. La soglia dei 15mila euro però viene giudicata da molti troppo bassa, specie per i giovani freelance, che rispetto al regime precedente subiscono rincari fino all'80%. Tale cifra, infatti, secondo l'osservatorio Adepp - Associazione degli Enti previdenziali privati, è al di sotto del compenso medio (18.640 euro lordi, pari a 723 euro al mese) delle partite IVA iscritte all'Inps.

Le brutte notizie, come sappiamo bene, non giungono mai da sole: la manovra sui minimi, infatti, arriva assieme all'aumento dei contributi previdenziali per gli iscritti alla gestione separata dell'Inps, che porterà l'aliquota dal 27 al 33% entro il 2018. L'esercito degli autonomi, che conta circa 1,3 milioni di lavoratori in Italia (formatori, ricercatori, informatici, creativi e altre categorie di consulenti, generalmente operanti al di fuori di Ordini e Albi professionali), sta cercando in tutti i modi di fuggire dall'Inps, emigrando verso altre casse contributive oppure spostando fittiziamente la residenza all'estero verso regimi più favorevoli, ma così non si può andare avanti.

“Di certo c'è che entro tre anni giungeremo poco sotto il 34%, cioè oltre un terzo del reddito, mentre gli artigiani a regime saranno attestati al 24%, quasi dieci punti in meno – protesta Anna Soru, presidente di ACTA – Associazione Consulenti Terziario Avanzato. E visto che a differenza di tutte le altre categorie del lavoro, solo la nostra non ha avuto benefici dal governo Renzi, ma anzi siamo stati tartassati sia sul piano previdenziale che fiscale, adesso abbiamo deciso di muoverci”.
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