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Il carry trade, un perfetto sconosciuto

In cosa consiste il carry trade?
La speculazione in questi ultimi tempi la sta facendo da padrona sui mercati finanziari, venendo additata da molti come la causa di tutti i mali che stanno colpendo l'economia mondiale. Siamo passati dai derivati, alle materie prime, dall'effetto leva al carry trade, scoprendo un mondo che finora era sommerso, o meglio era conosciuto solo agli addetti ai lavori.

Ma cosa intendiamo con il termine speculazione? La speculazione è una forma di investimento in cui l'attività di previsione è puramente soggettiva: l'investitore ha certe aspettative che, se realizzate, generano un utile, altrimenti una perdita. In poche parole è un'operazione che mira a ottenere il massimo guadagno, cercando per lo più di trarre un utile dalla variazione attesa dei prezzi rispetto a quelli di acquisto.

Concentriamoci ora su una delle tante operazioni speculative: il carry trade. Il carry trade consiste nel prendere a prestito denaro in una data valuta in paesi dove il costo del denaro è basso, per impiegarlo in paesi dove il rendimento degli investimenti denominati in altre valute è maggiore, in modo sia da ripagare il debito contratto, sia da ottenere un guadagno con la medesima operazione finanziaria. Naturalmente banche e fondi dovranno scegliere monete che godono di un cambio stabile nel tempo e investimenti a basso rischio, quali titoli di Stato.

Si tratta di una pratica molto diffusa che presenta possibilità di guadagno particolarmente elevate. Non dobbiamo dimenticare però, che come ogni operazione finanziaria, comporta dei rischi: in questo caso il rischio è di cambio. Negli ultimi anni, ma soprattutto all'inizio del nuovo millennio, ad andare di moda era lo "yen carry trade", visti i tassi d'interesse piuttosto bassi in Giappone e il tasso di cambio dollaro/yen stabile, che permise a molti investitori di lucrare sul differenziale tra i tassi d'interesse di due paesi. Ma in che modo? Andiamo passo passo.

In primis gli investitori presero a prestito denaro in yen, naturalmente ad un prezzo esiguo visto il basso livello del costo del denaro. In secundis convertirono le somme in dollari per investirle in titoli di stato o altri strumenti finanziari a rischio nullo che presentavano un rendimento del 3% o maggiore. Una volta scaduto il titolo di stato, il denaro recuperato, accresciutosi del rendimento, veniva riconvertito da dollari in yen e utilizzato per ripagare il debito contratto in Giappone. Il guadagno dell'investitore stava nella differenza tra il rendimento dell'investimento e il costo del finanziamento.

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