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Addio sogni di Olimpiadi per Roma. Occasione sprecata o...?

I costi e i benefici
15 giugno 2020: in una Roma più bella che mai, davanti a più di quattro miliardi di telespettatori da tutto il mondo, il tedoforo accende il braciere olimpico... Ecco, inizia la trentaduesima edizione dei Giochi Olimpici!

Dopo il "no" del Governo di qualche giorno fa, questo ormai può essere solo uno scenario fantascientifico, magari da Playstation. Perché, checché ne dicano i delusi, gli amanti dello sport e i sostenitori delle Olimpiadi come rampa di rilancio di un Paese, ormai Roma è definitivamente fuori dalla partita. Purtroppo, o per fortuna? Davvero non era il caso di candidare la Capitale, oppure è stata persa un'occasione unica per far tornare la Città eterna, e con lei tutto il Bel Paese, ai fasti che furono nell'Olimpiade del 1960?

La prima premessa che molti ignorano è che anche solo candidare una città ha dei costi, e che il Comitato Olimpico Internazionale, anche noto come CIO, non "regala" l'edizione solo per fare un piacere alla città desiderosa di mettersi in mostra. La sede scelta deve firmare con il Comitato un contratto molto complesso, in cui è previsto, tra l'altro, che i governi nazionali firmatari garantiscano che una percentuale degli incassi (per esempio i proventi del marketing) andranno al CIO e che questi non sarà coinvolto in eventuali passivi dell'organizzazione, che ovviamente saranno accollati al settore pubblico nazionale, visto che i comitati organizzatori sono de facto "casse vuote", come spiega Wikipedia.

Detto ciò, bisogna prendere in esame le spese che un Paese organizzatore deve affrontare per dotare la città sede dei Giochi di tutto quanto necessario ad ospitarli.

Secondo il Comitato che sosteneva la candidatura di Roma, lo Stato avrebbe dovuto garantire solo 8,2 miliardi di euro, come spiega la relazione di compatibilità economica presentata poco più di un mese fa.
Di questi otto miliardi e rotti, 3,5 miliardi sarebbero stati totalmente recuperabili dai ricavi del Comitato organizzatore (diritti media e sponsor internazionali dal CIO, sponsor nazionali, biglietteria, ecc.) e dai ricavi da valorizzazione immobiliare. L'investimento pubblico, poi, sarebbe stato compensato dal maggiore gettito erariale, pari a 4,6 miliardi, derivante dal PIL aggiuntivo.

Nel dettaglio, i 2,5 miliardi dei costi dell'organizzazione sarebbero stati interamente coperti da risorse private, per esempio dai contributi del CIO per diritti TV e sponsor, biglietteria, merchandising, lotterie e altro.
Gli impianti sportivi (1,4 miliardi di euro) avrebbero avuto un costo contenuto, visto che Roma avrebbe massimizzato l'utilizzo di strutture esistenti e di impianti temporanei (complessivamente l'85% degli impianti di gara). Le uniche tre strutture ad avere un certo "peso" sarebbero state l'impianto polifunzionale Calatrava di Tor Vergata (a tal proposito si dovrà a aprire poi una dolorosa parentesi), il bacino remiero e il velodromo.
Gli investimenti infrastrutturali (ovvero infrastrutture urbane e mobilità) di circa 2,8 miliardi di euro, infine, sono quasi tutti già previsti dal Piano Strategico di Roma Capitale e necessari anche in vista del Giubileo del 2025, spiega ancora la Relazione. Negli ultimi tempi, poi, il Sindaco di Roma Gianni Alemanno aveva affermato che gran parte dell'impianto sportivo di Calatrava (circa 400 milioni di euro) sarebbe stato finanziato dai privati, cosa che rendeva, sulla carta, ancora più invogliante la candidatura della Capitale.

Questi i costi. E i benefici? Secondo la Relazione, enormi. Al punto da determinare una crescita del PIL di 17,7 miliardi di euro e la creazione di 29 mila posti di lavoro solo nel 2020, cui si aggiungono i 12 mila nuovi impieghi negli anni antecedenti e successivi, per un totale di 170 mila unità/anno lavoro. Nel lasso di tempo che va dal 2012 al 2025, le Olimpiadi avrebbero accresciuto il PIL italiano dell'1,4%, con benefici enormi al Centro, buoni al Sud, moderati al Nord.

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