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Let's eat bio!

In Italia e Europa
Per "prodotti biologici" si intendono tutti quegli alimenti che non vengono mai a contatto con pesticidi e additivi chimici nocivi all'uomo e all'ambiente. In Italia allevamento e agricoltura bio stanno conoscendo un periodo di particolare successo, soprattutto per quanto riguarda pascoli e foraggere.
Un po' per vocazione salutista-ambientale, certo, ma anche per considerazioni di tenore imprenditoriale, aggiungerebbero i polemici. I consumatori "convinti" sono infatti disposti a pagare di più per un cibo biologico, inoltre l'Unione Europea concede generosi finanziamenti per chi volesse produrre cibi in sintonia con l'ambiente (e la salute).

A livello legislativo l'Unione Europea si è messa di buona lena, elaborando un vasto carnet di leggi che coprono svariati prodotti vivi o non trasformati, alimenti trasformati, alimenti per animali, sementi, materiali di moltiplicazione vegetativa, e addirittura l'acquacoltura e il lievito!
Guadagnano l'etichetta "biologico" solo gli alimenti nei quali il 95% degli ingredienti agricoli proviene da produzione biologica, afferma la Commissione, mettendo al bando tutti i prodotti OGM.

Ma attenzione: chi pensa che il cibo bio è solo made in Italy (al massimo made in UE) si sbaglia di grosso: la Commissione si sta muovendo per disciplinare anche tutto quanto di "biologico" prodotto all'estero voglia varcare i confini degli Stati membri. Perciò vi è un'altissima probabilità che a breve saremo invasi di alimenti bio-taroccati cinesi, ovviamente a prezzi mooolto invoglianti!

Quanto dobbiamo pagare per mangiare bio?
Certamente una confezione di pomodori cresciuti sotto il sole pugliese e difesi soltanto dalle coccinelle avranno un costo di gran lunga maggiore di quelli che compreremmo al mercato, che magari hanno attraversato il Mediterraneo e poi la Salerno-Reggio Calabria... restando altamente convenienti!
Ad ogni modo, i prezzi possono essere anche superiori del 300% rispetto agli alimenti "normali".

Alcuni consumatori si sono organizzati accorciando la filiera, per esempio acquistando cassette di frutta e verdura direttamente dagli agricoltori. Vi sono poi associazioni che si impegnano a consegnare personalmente i prodotti ai consumatori a loro associati. Va da sé che simili procedimenti non sono applicabili, per esempio, in una città con sei milioni di abitanti, dove i punti di acquisto principale sono i supermercati ai quali non interessa minimamente convertire gli scaffali pieni di verdure a basso prezzo, in piccoli paradisi del biologico. Motivo per cui i cibi bio restano relegati in cantucci, continuando a portarsi dietro prezzi sconvenienti.


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