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La gestione dei rifiuti: prevenire è meglio che smaltire

I rifiuti prodotti in Italia e in Europa vanno gestiti al meglio per evitare gravi danni all'ambiente e sprechi economici.

Dal riciclo alla discarica: tanti modi per smaltire, un unico diktat

Riciclo rifiutiNegli ultimi anni l'Unione Europea si sta battendo per prevenire la produzione di immondizia e la sua pericolosità, spingendo sulla fabbricazione di materiali a bassissimo impatto inquinante e facilmente riutilizzabili, reimpiegabili o riciclabili.

Riuso e riutilizzo sono molto diffusi in Nord Europa. Se ci si dovesse imbattere in un vecchio tavolo (apparentemente) abbandonato ai lati di una strada alla periferia di Amsterdam non si gridi alla maleducazione: è stato lasciato lì per dare modo a qualcun altro di servirsene.

Il riciclo ha, invece, come requisito imprescindibile il ricorso alla raccolta differenziata, un altro vasto mondo fatto di vari passaggi, tecnologie e implicazione economiche ed ecologiche di grande portata.

I rifiuti raccolti in maniera differenziata possono essere, infatti, riciclati se si tratta di "frazioni secche" (per esempio, metalli, carta, vetro e plastiche ) o avviati al compostaggio nel caso della cosiddetta "frazione organica" o "umido" che si può trasformare in ammendante agricolo oppure biogas per produrre energia elettrica o calore.

Dove non è possibile prevenire e riciclare, si interviene con i metodi di smaltimento che sono in tutto tre e che spesso si intrecciano: il trattamento a freddo, il trattamento a caldo e il conferimento diretto in discarica.

Il trattamento a freddo riguarda i rifiuti indifferenziati che vengono separati, parzialmente recuperati (se si tratta di materiali riciclabili), ridotti in volume e biostabilizzati per evitare la formazione dei gas di decomposizione e di percolato (refluo con un tenore più o meno elevato di inquinanti organici e inorganici).

Il trattamento a freddo include anche la produzione di "ecoballe", composte da tutto ciò che non è combustibile (vetro e metalli) e non è organico. Si tratta di grossi pacchi compressi di rifiuti (dunque anche carta e plastica) da avviare all'inceneritore per produrre, eventualmente, energia. In Italia meridionale è un metodo molto diffuso anche se, a quanto pare, non sempre viene eseguito a norma di legge. Un'ecoballa deve infatti avere determinati requisiti, ma le inchieste giudiziarie derivanti dalla crisi dei rifiuti in Campania hanno messo in luce come moltissime ecoballe ivi prodotte non rispettassero quei requisiti e dunque non erano quello che legalmente viene definito "CDR" (combustibile derivante da rifiuti).

Un trattamento a freddo ben fatto permette di ridurre l'uso delle discariche e degli inceneritori, il tutto con emissioni inquinanti nettamente inferiori rispetto a tali impianti.

Il trattamento termico può essere condotto in tre modi: incenerimento, pirolisi e gassificazione. Il primo consiste nella combustione in forni inceneritori. L'energia scaturita dai fumi viene usata per produrre vapore acqueo che a sua volta genera energia elettrica.

Gli altri due metodi implicano il riscaldamento dei rifiuti rispettivamente in assenza di ossigeno o con una limitata quantità di questa molecola. Secondo alcuni produttori di questi impianti, molto poco diffusi soprattutto per il trattamento dei rifiuti urbani, possono produrre oltre il doppio di energia elettrica rispetto ai più moderni inceneritori. Per questo e per vari altri motivi si ritiene che questi due trattamenti andranno a poco a poco a sostituire gli inceneritori.

Infine esiste il trattamento in discarica. Che sia di rifiuti inerti, non pericolosi (tra i quali i rifiuti urbani) o pericolosi, la sostanza non cambia: oltre al fatto che dovrebbe essere vietatissima quando gli scarti sono indifferenziati, dovrebbe essere per tutti i Paesi del mondo un trattamento di ultima istanza. Perché alcuni residui ivi sepolti possono rimanere attivi anche 30 anni e le sostanze organiche producono biogas e liquami deleteri per il terreno e le falde acquifere.

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