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2022: i sopravvissuti. E’ scienza non fantascienza

Lo shock petrolifero degli anni '70 non può essere considerato un caso isolato.

L'acqua, fattore chiave

L'idea è che il mondo si trovi in una fase di transizione da un'epoca dominata dal surplus ad una, non temporanea, dominata da scarsità, che prelude ad un esaurimento delle scorte alimentari mondiali e ad un aumento dei prezzi. Un problema che trae origine, dal lato della domanda, dalla forte crescita della popolazione: ci saranno 3 miliardi di individui in più a metà secolo, dato che oggi la popolazione mondiale cresce di 80 milioni l'anno (circa 219 mila persone in più al giorno). A questo si aggiunge il progressivo aumento della ricchezza che spinge anche Paesi storicamente poveri (gli Emergenti) a consumare di più e meglio (carne, pollame ecc.).

Anche dal lato dell'offerta vi sono delle criticità: i cambiamenti climatici, il progressivo aumento delle temperature, rendimenti sempre più bassi delle risorse naturali. Il fattore chiave è l'acqua. La produzione agricola mondiale ha avuto una grandissima espansione nel corso degli ultimi 60 anni – è più che triplicata – ma ora vi sono gravi difficoltà a sostenere questa crescita così rapida, anche a causa della scarsità di acqua e del suo spreco (in India 175 milioni di persone si nutrono di cereali prodotti con un pompaggio eccessivo; lo stesso accade in Cina, negli Stati Uniti e in molti altri Paesi raggiunti dal benessere). La presenza di terreni disponibili alla coltivazione è dunque limitata dalla scarsità di acqua. In questo contesto i mutamenti climatici, sempre meno in sincronia con il mondo agricolo, stanno peggiorando le cose.

A questo punto non resta che fare un paio di considerazioni: se la scarsità è il futuro, la guerra per l'accaparramento delle risorse non è certo esclusa e si giocherà sempre più su risorse di tipo essenziale, come l'acqua. La visione catastrofista però trova il suo contraltare in una visione certamente meno pessimistica e basata sul progresso e sulla capacità di adattamento.

Se gli economisti del Club di Roma nel lontano 1973 avessero previsto una presa di coscienza dei Governi sul problema energetico ed il successivo sviluppo di altre risorse, non solo illimitate, ma anche rinnovabili, lo shock petrolifero non avrebbe mai avuto luogo e l'allarme non sarebbe mai stato lanciato.

Oggi, la situazione è potenzialmente analoga ed implica una iniziale presa di coscienza del problema ed una fase di transizione verso una crescita più equilibrata. La FAO, per esempio, non condivide la previsione di Lester Brown, indicando per il 2013 una crescita della produzione cerealicola mondiale del 7%. Una serie di ricercatori ed analisti, poi, punta sugli organismi geneticamente modificati (OGM), individuati come soluzione al problema, mentre corrono parallelamente altre linee di pensiero, in primis quella che punta sull'eliminazione degli sprechi: secondo la FAO, l'attuale produzione è sufficiente a sfamare 12 miliardi di persone sulla terra.

E così si consuma un nuovo braccio di ferro fra catastrofisti e fautori della teoria dell'adattamento, che ha un solo denominatore comune, la presa di coscienza che il problema c'è e va risolto. L'alternativa? Una guerra planetaria per il possesso del cibo e dell'acqua.

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