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La crisi dell'Eurozona e i suoi effetti disastrosi

La crisi fa sentire i suoi effetti su l'intera Eurozona, ma paradossalmente in Italia i cittadini sono più ricchi dei così detti Paesi virtuosi.

Redditi tricolore al 9° posto nella classifica UE

La risposta è presto data, perché se si guarda ai redditi è tutta un'altra storia.

Le famiglie del Bel Paese, infatti, sono ricche più o meno come quelle tedesche o le cugine d'oltralpe ma hanno redditi decisamente inferiori. Gli stipendi italiani sono al nono posto della classifica a 34.344 euro annui, al di sotto dei 37.850 euro annui (poco più di 3.000 euro al mese) che si registrano ad Eurolandia.

I redditi più alti si hanno in Lussemburgo (83.600 euro annui), mentre quelli più bassi in Portogallo e Slovacchia (20.300 e 13.400 euro), mentre l'Italia si piazza appena al nono posto. Le buste paga del Bel Paese sono, dunque le più leggere dell'Eurozona. Il divario è del 15% con i tedeschi, del 13% con gli inglesi e dell'11% rispetto ai cugini d'oltralpe.

A fronte di stipendi tricolore già bassi c'è poi un altro fattore da tenere in estrema considerazione: il costo del lavoro italiano è più alto di quello di altre nazioni dove ci sono buste paga più corpose.

L'Associazione degli Industriali della Lombardia (Assolombarda) ha misurato gli effetti del cuneo fiscale, cioè il peso delle tasse e dei contributi (sui salari nei Paesi OCSE) che incidono sul costo del lavoro, facendo aumentare il carico per le aziende.

Per ogni 100 euro di retribuzione lorda, un dipendente italiano paga 9,5 euro di contributi a suo carico e una media di 20,3 euro di tasse sul reddito. Al netto di tutti i prelievi, dunque, gli restano in tasca 70,2 euro. Ma non finisce qui, perché secondo i dati di Assolombarda, l'azienda che ha assunto quel dipendente, deve sborsare 32,1 euro di contributi sociali e pensionistici.

Tutt'altra storia per i paesi all'estero. Nel Regno Unito, su 100 euro di retribuzione, il lavoratore paga 9,2 euro di contributi a suo carico e 16,3 euro di imposte. Sulla busta paga-netta, vengono liquidati 74,5 euro, più che in Italia. Anche per l'azienda i costi sono inferiori, poiché su 100 euro di retribuzione lorda, un'azienda britannica aggiunge soltanto 10,7 euro di contributi in più: totale di 110,7 euro per un azienda di sua Maestà, contro i 132 euro di un'azienda tricolore.

Stessa musica in Francia, dove il peso fiscale è un po' più elevato che in Gran Bretagna, ma minore rispetto alla Penisola italiana. Su 100 euro di salario lordo, un dipendente transalpino paga 14 euro di imposte e circa 13 euro di contributi. Nella busta paga netta gli arrivano dunque 72 euro (più che in Italia), anche se va riconosciuta comunque una cosa: in Francia, è molto elevata (come nel nostro Paese) l'incidenza dei contributi a carico dell'azienda. Le imprese transalpine pagano, infatti una contribuzione lorda di 42,2 euro su 100 euro di stipendio e il costo del lavoro totale è di142 euro.

Infine, esaminando la Locomotiva d'Europa si scopre che anche il peso delle tasse tedesco è elevato. Su 100 euro di retribuzione lorda, a carico del dipendente ci sono infatti 18,7 euro di imposte sui redditi e 20,5 euro di contributi. Il netto in busta paga (a parità di salario lordo) è dunque più basso che in Italia: 60,2 euro contro i nostri 70,2. Peccato, però, che nella Repubblica Federale Tedesca i contributi a carico delle aziende siano invece ben più bassi rispetto all'Italia. L'azienda tedesca su 100 euro paga infatti 19,3 euro. Dunque, a parità di salario lordo, anche le imprese della Germania pagano meno delle nostre in termini di costo del lavoro: ossia 119,3 euro contro i 132 euro dovuti dai datori di lavoro italiani. E' chiaro che dovendo sostenere un peso contributivo inferiore, le aziende tedesche possono permettersi di dare ai propri dipendenti dei salari un ben più alti dei nostri.

Agli italiani, un popolo di poveri ricchi, va comunque un primato: i cittadini del Bel Paese sono i meno propensi ad indebitarsi. A fronte del 43,7% delle famiglie dell'area euro che si indebitano, gli italiani hanno il valore più basso in assoluto, pari al 25,2%. L'indebitamento è maggiormente diffuso nei Paesi Bassi e a Cipro dove si toccano picchi del 65% di famiglie indebitate.

L'indagine sui bilanci delle famiglie nell'area dell'euro, condotto per conto della BCE da 15 banche centrali dell'area (con l'esclusione di Irlanda e Estonia) rivela che su un totale di 62.000 famiglie, indebitate, sono solo 8.000 quelle italiane. Dunque, gli italiani poveri o ricchi che siano rimangono dei virtuosi sull'indebitamento che, nel Bel Paese, non viene affrontato a cuor leggero.
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