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L'agricoltura torna di moda tra i giovani laureati

Siamo in piena rivoluzione agricola
Cambia il mondo e cambia pure il lavoro agricolo. Se una volta a lavorare nei campi c'erano solamente contadini senza istruzione, adesso a popolare le aziende agricole ci sono giovani laureati, non solo per bisogno ma anche per scelta.

I dati dell'ultimo censimento generale dell'agricoltura testimoniano che negli ultimi dieci anni sono più che raddoppiati i laureati alla guida delle aziende agricole, a conferma di un processo di professionalizzazione che ha riguardato anche l'aumento della superficie media aziendale, frutto di una riorganizzazione del sistema imprenditoriale fisiologica che ha determinato l'uscita delle aziende marginali.

Secondo la Coldiretti, la stragrande maggioranza dei capi azienda laureati ha frequentato facoltà diverse da quelle di agraria, a dimostrazione del fatto che il settore ha allargato i propri ambiti di operatività. Gli imprenditori agricoli, oggi, si possono occupare di attività che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla loro vendita, ma anche della fornitura di servizi a privati e alla pubblica amministrazione. Oltre alla 'normale' attività agricola ci sono casi interessanti di produzione e vendita di prodotti cosmetici a base di vino, olio o latte di asina, di fattorie didattiche convenzionate con le scuole, di agriasili e di agriospizi.

Segnali positivi dunque, anche se non c'è affatto traccia di ricambio generazionale. Secondo la Cia-Confederazione italiana agricoltori, ad oggi solo il 2,5 per cento delle imprese agricole ha un titolare con meno di 30 anni mentre dieci anni fa era il 2,1 per cento. Si tratta di un aumento davvero misero, e di un'ulteriore prova del fatto che finora si è fatto poco o nulla per favorire e incentivare l'ingresso dei giovani nel settore.

Ma come sta cambiando l'agricoltura a livello strutturale? E' ormai evidente che stiamo uscendo, e in modo irreversibile, da un certo immobilismo strutturale: le imprese cominciano ad aggregarsi e consolidarsi in unità di maggiori dimensioni. Si tratta di una necessità irrinunciabile per essere competitive sui mercati internazionali, ma c'è bisogno di uno sforzo ancora maggiore per equipararci alla media europea.

L'ampliamento dimensionale delle imprese agricole sono conseguenza di una forte contrazione del numero di aziende attive: in 10 anni, infatti, sono uscite dal mercato ben 775 mila unità, soprattutto tra le Pmi.

"L'Istat attribuisce il processo evolutivo sia alle dinamiche di mercato che all'effetto delle politiche comunitarie. Siamo d'accordo sul primo aspetto - ha commentato Giandomenico Consalvo, componente della Giunta di Confagricoltura - perché la forte pressione competitiva ha indotto ad un rafforzamento delle unità produttive. Il secondo aspetto merita invece un approfondimento, perché non è detto che il disaccoppiamento degli aiuti diretti, erogati indipendentemente dalla produzione, favorisca il dimensionamento competitivo delle imprese".

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