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Divorzio all'inglese: la Brexit è cominciata. E ora che succede?

Una lettera datata 29 marzo 2017 e una firma quella della più autorevole inquilina di Downing Street, Theresa May, hanno ufficialmente dato il via al divorzio tra Regno Unito e Unione Europea.

Ambasciator, stavolta, porta pena - E' stato, infatti, l’ambasciatore britannico Barrow a consegnare personalmente a Donald Tusk la notifica dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona con cui Londra ha ufficializzato l’intenzione di lasciare l’Europa.
Adesso 700 giorni per dirsi addio: due anni di negoziati che fissano la data definitiva al prossimo 29 marzo 2019.
Fin qui, è dove siamo arrivati. Vediamo però da dove siamo partiti: tutto è iniziato lo scorso 23 giugno quando, oltre 17,4 milioni di sudditi di sua maestà (51,89%) votarono pro Brexit, dando cioè la benedizione al divorzio tra Gran Bretagna e Ue. Quel giorno, destinato a finire sui libri di storia, la stessa Europa che molti anni prima aveva deciso di deporre le armi - nella prima metà degli anni ‘50, infatti, in piena fase di ricostruzione fisica e politica, i Paesi ex belligeranti iniziano un dialogo politico ed economico intenso che, già nel 1956, porta al Patto di Roma, il “nonno” del Trattato di Maastricht - alla fine, è entrata in guerra proprio con se stessa.

ALEA IACTA EST - Ormai, il dado è tratto. Londra e l'Ue si sono ufficialmente detti addio. "Questo è un giorno triste perché i britannici hanno deciso per iscritto di lasciare la Ue, una scelta che rimpiangeranno un giorno. Ma mi sento bene stasera perché abbiamo parlato del nostro futuro". Lo ha detto il presidente della Commissione Jean Claude Juncker concludendo la sua partecipazione al `Dialogo con i cittadini´ a La Valletta. «Nonostante le debolezze e gli errori, dobbiamo considerare che l’Ue è il miglior posto in cui vivere nel mondo», ha aggiunto.

Degli scenari che si apriranno d'ora in avanti si è discusso subito, non appena sono stati resi noti gli esiti del referendum che hanno fatto tremare l'Europa e interrogare gli analisti politici di mezzo mondo.

THE DAY AFTER, IL CROLLO DELLA STERLINA - Sul piatto tante questioni, di equilibrio e prospettive, ma anche e soprattutto economiche con i mercati, il "day after", letteralmente sotto shock e la sterlina che, mentre Brexit faceva il sorpasso nei sondaggi, viveva una vera e proprio notte da incubo, arrivando a perdere anche il 10% sul dollaro, facendo registrare così il peggior risultato da oltre trent'anni.
Tuttavia, sul fatto che la sterlina uscisse svalutata rispetto all’Euro e al Dollaro, c'erano davvero pochi dubbi. In pratica, quel che è successo nei minuti e nei mesi che hanno seguito il referendum, era ampiamente prevedibile. Fin qui, dunque, tutto è andato secondo copione.

E ora che succede? La domanda è una sola: Brexit farà bene o male all'economia inglese?

Investitori e analisti si preoccupano di cosa succederà alla sterlina e all’economia britannica dopo l’uscita del Regno Unito dall’UE, ma nessuno guarda lo status quo che evidenzia una forza maggiore dell’economia inglese rispetto all’economia della Zona Euro.

Per esempio, il mercato immobiliare del Regno Unito continua a mostrare un aumento dei prezzi delle abitazioni superiore al 7%, confermando il trend iniziato alla fine del 2013.

Ancora, il prodotto interno lordo della Gran Bretagna ha registrato una crescita del 2% su anno e dello 0,7% su trimestre, mentre il tasso di disoccupazione, nei tre mesi terminati a gennaio 2017, è sceso al 4,7%.

Nella Zona Euro, il tasso di disoccupazione è rimasto invariato al 9,6%, mentre il PIL cresce a passo lento, con un incremento dello 0,4% su trimestre e dell'1,7% su anno.

Il forte deprezzamento della sterlina nei confronti del dollaro americano e dell’euro, a partire da giugno 2016, quando il popolo inglese ha votato per un’uscita dall’Unione Europea, non trova alcuna giustificazione in termini macroeconomici e si basa soltanto su futuri timori di indebolimento dell’economia britannica del tutto infondati che, ad oggi, non mi sembra si sia verificato.

Il cambio GBP / EUR vale 1,1557 e, su ulteriori rumors speculativi, potrebbe arrivare nel medio periodo in area 1,05. Non credo ci siano le premesse che il cambio scenda sotto la parità.

Anche in assenza di un nuovo accordo commerciale tra l’Unione Europea e la Gran Bretagna, è impossibile fermare le opportunità di business tra le due controparti sopra menzionate, visto che la quasi totalità delle imprese britanniche sono radicate su mercati esteri al di fuori dell’Europa.

CONCLUSIONE - Di fatto, oggi la sterlina è ai livelli del 2013 dunque, al momento, non ci sono ragioni che giustifichino imminenti prospettive catastrofiste, al di là del fattore instabilità da tenere ovviamente ben presente, soprattutto perché inserito in un preoccupante contesto mondiale di crisi.



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