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Parola d'ordine: fidelizzare. Il business delle fidelity card

Addio alla privacy!
Per quanto riguarda il cliente, non si può dire che la card, a conti fatti, gli costi un gran che. Se una persona si trova bene in quel punto vendita a priori, magari perché gli è vicino o perché incontra le proprie esigenze di consumo, ben venga la card che a fine anno regala sconti o premi.

Bisogna piuttosto considerare la carta dal punto di vista della privacy, perché inserendo i propri dati personali (età, professione, indirizzo, numero di figli ecc.) mettiamo l'esercizio commerciale nelle condizioni di diventare una specie di Grande Fratello dei nostri comportamenti consumistici. Al punto da sapere che siamo maniaci della Nutella, che consumiamo quantità industriali di birra, o che questo fine settimana organizzeremo un party per i nostri bimbi...

Non che il Garante della Privacy sonnecchi in merito: qualche anno fa è arrivata una bella multa alla GS perché nel questionario di richiesta della card non veniva specificato ai clienti che anche la loro professione e il numero del cellulare sarebbero stati trattenuti per fini promozionali e di marketing. Pur essendo indicate le modalità di "profilazione" e di marketing - spiegava l'autorità - spesso i modelli non consentono al cliente di esprimere liberamente un consenso separato per i diversi usi dei dati, condizionandoli all'apposizione di un'unica firma, e questo è un metodo contrario alle disposizioni del Codice della privacy.

Anche Altroconsumo si è lamentato della scarsa chiarezza in merito, denunciando come alla fine molti consumatori barrino la casella "accetto" senza capire bene cosa hanno accettato, creando così enormi banche dati che poco hanno a che vedere con un catalogo di premi.

Eppure, udite udite, sembrerebbe che il consumatore apprezzi molto queste carte fedeltà.

Da una analisi elaborata dal Customer&service science lab della Bocconi in collaborazione con Affinion International, è emerso che "quando un cliente partecipa a un programma fedeltà, vuole essere coinvolto dall'azienda che lo promuove. Chi possiede almeno una carta fedeltà, in due casi su tre dimostra infatti di avere un'attitudine positiva ad interagire con il marchio. Una voglia di coinvolgimento che in quasi il 30% dei casi è alta". L'importante è non contattarlo via telefono che, paradossalmente, è il metodo più diretto e sicuro per un'azienda.

"Semper fidelis", dunque. E perciò premiati.

Altro che marketing, qui è pura psicologia comportamentale! Se John Watson avesse saputo...


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