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L'esercito delle vittime del lavoro

Le morti bianche, pur in contrazione, restano ancora troppe per un Paese civile.

I numeri dell'INAIL

Riguardo le statistiche sugli infortuni e le morti sul lavoro, gli ultimi dati dell'INAIL relativi al 2011, confermano un trend confortante ed evidenziano una costante diminuzione delle morti e degli incidenti sul lavoro. Tuttavia, a ben guardare, la correlazione con la forza lavoro complessiva, in diminuzione, per effetto dei licenziamenti e della maggior disoccupazione causata dalla recessione, soprattutto nei settori a maggior rischio, rende questi dati indubbiamente meno eclatanti.

Nel 2011, i decessi sono stati stimati in 920, con una diminuzione del 5,4% rispetto al 2010, quando si ridussero del 7,6% rispetto all'anno precedente. Di questi circa 450 sono avvenuti sul posto di lavoro (-0,4%), 230 sono avvenuti in strada (-21,2%) e 240 sono accaduti in itinere (+4,8%), ovvero raggiungendo il posto di lavoro.

Scendono anche gli infortuni del 6,6% a 725 mila, perlopiù concentrati nel settore delle costruzioni (-14,7%) e dei trasporti (-11,3%).

Questi dati vanno corretti per la variazione occupazionale che, nel 2011, ha segnato un aumento dello 0,4%. Tuttavia, c'è da tener conto che questo risultato è da attribuire ad un aumento della componente femminile (meno rischiosa) e non mette in luce il forte calo registrato in settori ad alto rischio (edilizia, industria pesante agricoltura). Pertanto, il calo "reale" degli infortuni sul lavoro al netto dell'effetto perdita di quantità di lavoro svolta per alcuni settori ad alto rischio infortunistico si può stimare intorno al -5% per gli infortuni in generale e al -4% per quelli mortali.

Se in linea generale si può esprimere un giudizio sostanzialmente positivo sul trend, altrettanto non si può dire se si guarda alle dimensioni assolute che ancor oggi restano troppo elevate e del tutto inaccettabili per un Paese civile. I 725mila infortuni nel solo anno 2011 stanno a significare che in pratica ogni giorno, comprese ferie e festivi, ben 2mila lavoratori subiscono un trauma con conseguenze più o meno pesanti in termini fisici, psicologici ed anche economici. Ogni anno, inoltre, sono almeno 40mila (più di 100 al giorno) i lavoratori che subiscono una invalidità permanente di medio-alta gravità.

Se gli incidenti e le morti sul lavoro hanno segnato una leggera flessione, vuoi per effetto della crisi, vuoi per effetto del maggiori controlli che il Ministro del Lavoro Elsa Fornero afferma di aver avviato nei settori critici, le malattie professionali sono in costante aumento, anche per effetto di una maggior sensibilizzazione sul problema. Riferite all'anno 2011, le malattie professionali sono aumentate del 10% fino a 46mila, segnando un aumento del 60% nell'ultimo quinquennio.

Nei dati forniti non rientrano naturalmente gli infortuni di cui l'INAIL non viene a conoscenza occorsi ai cosiddetti lavoratori "in nero", che le stime elaborate e diffuse dall'Istat per il 2010 quantificano in quasi 3 milioni "invisibili", rientranti per lo più in un range di gravità medio-lieve, con una sostanziale stabilità rispetto alla stima dell'anno precedente.

Nel corso di questi ultimi anni è lentamente maturato e si è poi concretizzato l'inizio di una vera e propria rivoluzione nel campo delle malattie professionali e si è accennato un fenomeno che tecnicamente viene chiamato "emersione delle malattie perdute". Fino all'anno 2006, infatti, il trend delle denunce pervenute all'INAIL si era mantenuto sostanzialmente stabile attorno a 25-27 mila casi l'anno, ma il 2007 ha segnato un improvviso incremento di oltre duemila casi (+8,2%) imponendosi come punto di rottura nell'evoluzione del trend di medio periodo. Questa evoluzione è proseguita negli anni successivi, incluso il 2011, portando ad una crescita del 61% nell'ultimo quinquennio.

Un fenomeno che può essere senz'altro imputato ad una maggiore sensibilizzazione e consapevolezza da parte di lavoratori, datori di lavoro e di chi presta loro assistenza e consulenza (INAIL, medici di famiglia, organizzazioni di lavoratori e di infortunati, patronati, ecc.), ma che va sicuramente attribuito all'emanazione nel 2008 della nuova "Tabella delle malattie professionali", la lista cioè di quelle patologie che godono della cosiddetta "presunzione legale d'origine", che ha reso possibile l'effettiva emersione di quelle patologie professionali che fino a pochi anni fa non venivano denunciate.

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