Il
petrolio ha chiuso la settimana sostanzialmente
invariato a 51,47 dollari al barile, dopo essersi mosso prevalentemente al rialzo per il crescere delle
tensioni in Iraq ed Iran. A sostenere le quotazioni hanno contribuito le prospettive di riduzione dell'offerta e le
dichiarazioni del segretario OPEC Barkindo, che ha prospettato il ritorno ad un mercato “bilanciato” prima del previsto.
Il
gas naturale ha chiuso in
calo del 2,83% a 2,915 dollari, risentendo del periodo di bassa stagione, quando la domanda è ai minimi. A poco sono serviti i
dati positivi sugli stoccaggi, che sono aumentati di 51 BCF, meno dei 55 BCF previsti dagli analisti.
Il
grano prosegue la correzione avviata a ottobre, chiudendo in calo del 3% circa a 426 cent per bushel. A pesare concorrono il dollaro forte e la correlata debolezza dell'export, in un contesto caratterizzato da una grande abbondanza dal lato dell'offerta e dalla concorrenza di taluni paesi esportatori, come la Russia.
Settimana difficile per l'
oro, che ha chiuso venerdì in
ribasso dell'1,85% a 1.277,4 dollari l'oncia,
per la forza del biglietto verde e la prospettiva di un ormai imminente rialzo dei tassi USA. L'inflazione attesa crescente nel 2018 ed il cambio di guardia in vetta alla Fed stanno spingendo la valuta statunitense sull'attesa di politiche monetarie più restrittive.
Il
rame ha chiuso un'altra settimana buona, con un
guadagno dell'1% a 3,17 dollari la libbra, ancora una volta sulla scommessa di un'accelerazione della domanda globale e sull'
ottimo stato di salute del settore manifatturiero in USA, UE e Cina. Una tornata di dati macro positivi hanno rafforzato l'ottimismo del mercato.