Settimana negativa per il
petrolio, che ha chiuso venerdì a
65,45 dollari al barile, con un ribasso di circa l'1%. L'elemento che ha pesato di più sul mercato è il
sorpasso degli Stati Uniti sull'Arabia Saudita quanto a produzione di greggio, che ha superato i 10 milioni mensili prima del previsto. A pesare hanno contribuito anche i
dati negativi sulle scorte americane e l'apprezzamento del dollaro, dopo i dati forti sul mercato del lavoro USA.
Torna a correggere profondamente il
gas naturale, che scivola del 18,8% a
2,846 dollari per milioni di BTU, di riflesso al prezzo spot che continua a ritracciare, riavvicinando le quotazioni di fine 2017.
Il mercato sconta ancora stoccaggi enormi ed ha reagito negativamente all'ennesimo dato settimanale deludente, che ha rilevato un calo degli storage di 99 BCF, sotto la media stagionale.
Prezzi ancora in
recupero per il
grano, che ha chiuso
in rialzo dell'1,3% a 446,75 cent per bushel. A dispetto dell'impatto negativo del dollaro, gli operatori continuano ad acquistare in via cautelativa, a causa delle scarse piogge che si sono riversate nei Great Plains e della scarsa umidità del terreno in questo periodo dell'anno.
L'
oro ha chiuso l'ottava in
calo dell'1,3% a
1.333,7 dollari l'oncia. Protagonista della settimana sono stati la
Fed ed il Job report, che preannunciano nuove strette monetarie ed aprono a più aumenti dei tassi di quanto previsto. Ciò ha fatto nuovamente apprezzare il dollaro, che recentemente aveva raggiunto i minimi da 3 anni sull'euro, penalizzando il metallo prezioso, che si muove sempre in controtendenza.
Settimana incolore per il
rame, che si è mosso fra alti e bassi, venendo
frenato dalla notizia dell'aumento della produzione in Perù nel 2017 (+3,9% a 2,4 milioni di tonnellate) e dai
dati sul mercato del lavoro USA, che hanno fatto apprezzare il dollaro.