Il prezzo del
petrolio continua a crescere per effetto delle tensioni geopolitiche, chiudendo
in rialzo dello 0,8% a 71,28 dollari al barile. A sostenere la domanda del greggio, che viene visto da molto a 100 dollari entro fine anno, è anche l'andamento sostenuto della domanda, combinato ai tagli decisi dall'OPEC durante il periodo di crisi dei consumi.
Il
gas naturale chiude la settimana
in rialzo, guadagnando l'1,5% a 2,847 dollari per milione di BTU, anche dopo i dati settimanali sugli stoccaggi, che hanno evidenziato una crescita superiore alle attese di 106 BCF. A sostenere il prezzo contribuisce l'andamento sostenuto dei consumi elettrici in un mese che storicamente è condizionato dal lato dell'offerta dalle operazioni di manutenzione agli impianti e l'ampio deficit che caratterizza ancora il mercato.
Ottava in rally per il
grano, che
ha chiuso a 518,25 cent per bushel, con un vantaggio del 5,9% rispetto al venerdì precedente. Il frumento torna così a correre sulla scommessa di un pessimo raccolto, a causa di condizioni climatiche difficili: piogge insistenti nel Midwest e nelle zone centrali che tardano le semine e siccità al Sud.
Settimana molto negativa per l'
oro, che ha chiuso
in ribasso di oltre il 2% a 1.291,3 dollari l'oncia, in risposta al recupero del dollaro ed alla continua crescita dei rendimenti dei Treasury americani. Le sorti del dollaro e del prezioso sono ancora strettamente collegate alle prospettive sui tassi determinate dalla politica della Fed, ma questa settimana il biglietto verde è salito anche in risposta allo stallo politico in Italia, che ha innescato acquisti sugli asset “safe heaven”.
Settimana no per il
rame, che
ha ceduto l'1,4% a 3,0510 dollari la libbra, sull'effetto super dollaro, amplificato dagli acquisti speculativi scaturiti dallo stallo politico in Italia. A poco è servito l'andamento sostenuto del mercato spot, in risposta all'aumento della domanda, laddove i mercati delle commodities venivano travolti da un sentiment diffusamente negativo.