Il
petrolio chiude la settimana in rally, evidenziando un forte rialzo del 12,2% a 51,68 dollari, appena sotto i massimi raggiunti a 51,80 USD, in scia allo storico accordo dell'OPEC sul taglio produttivo. Il cartello ha deciso di ridurre l'output di 1,2 milioni di barili, con la complicità della
Russia, nel tentativo di ribilanciare un mercato in surplus. Il taglio sarà spalmato fra i membri con qualche “esenzione”, come nel caso dell'Iran.
L'ottava si chiude con un corposo rialzo anche per il
gas naturale, che ha guadagnato l'11,38% a 3,436 dollari, per allinearsi alle quotazioni del greggio ed anche di riflesso ai dati sugli stoccaggi. Secondo l'EIA, le scorte di gas sono calate di 50 BCF nell'ultima settimana, in linea con le attese degli analisti, per effetto dei maggiori
consumi del riscaldamento.
Il
grano ha chiuso la settimana in calo del 2,08% a 387,50 cent per bushel, risentendo ancora dell'aumento del raccolto nell'emisfero Sud e del progressivo apprezzamento del dollaro, in vista delle politiche restrittive della Fed. Il dollaro forte infatti condiziona sempre l'export di granaglie
statunitensi, riducendone la competitività sui mercati internazionali.
Il prezzo dell'
oro è sceso marginalmente questa settimana, attestandosi a 1175,1 dollari l'oncia, in ribasso dello 0,28% rispetto al venerdì precedente. Il metallo prezioso ha risentito così dell'apprezzamento del dollaro, specie sui dati del mercato del lavoro americano, che preannunciano un imminente rialzo dei tassi
USA a dicembre. Non è stata incorporata invece la cautela che precede il referendum costituzionale italiano, che rischia di avere effetti negativi sull'Eurozona e sull'euro.
Il rame ritraccia, perdendo l'1,99% a 2,62 dollari la libbra, dopo alcune settimane di rally, seguite all'effetto Trump alla Casa Bianca. A condizionare negativamente il metallo rosso ha contribuito anche la forza del dollaro, specie dopo i solidi dati sul mercato del lavoro USA, che chiamano in causa una politica più restrittiva della
Fed sui tassi.