Altra settimana difficile per il
petrolio, che continua a scivolare dai massimi raggiunti di recente chiudendo la settimana a venerdì 28 aprile a 49,22 dollari al barile, con un calo dello 0,6% circa. A penalizzare il greggio hanno contribuito ancora i timori che l'aumento produttivo da
Shale Oil possa adombrare il taglio dei produttori OPEC. L'ultimo rapporto di Baker Hughes sui pozzi attivi in USA ha evidenziato un nuovo aumento di 9 unità, portando il numero totale dei pozzi in attività a 697, ai massimi dall'agosto 2015. Su questi livelli la produzione USA potrebbe neutralizzare nuovi e più estesi tagli al
meeting dei produttori mediorientali di fine maggio, sebbene il ministro petrolifero saudita
Khalid al-Falih abbia ribadito che sarà molto importante trovare un accordo in tal senso.
Il
gas naturale invece ha chiuso l'ottava in rally, evidenziando un guadagno del 5,5% a 3,276 dollari per milione di BTU. Il prezzo del gas continua a essere condizionato dall'andamento degli stoccaggi, che nell'ultima settimana hanno registrato un atteso aumento di 74 BCF, esattamente in linea con le attese. Il mercato resta in prevalente
surplus a causa della produzione da Shale Gas e l'andamento degli storage costituisce quindi l'unico market mover, in assenza di eventi climatici straordinari.
Quotazioni in deciso rialzo per il
grano, che ha chiuso la settimana in vantaggio del 3,3% a 418,50 cent per bushel, in recupero dai minimi dell'anno. A sostenere il frumento hanno contribuito le previsioni meteo sfavorevoli e la scelta del Presidente USA Donald Trump di non lasciate il trattato commerciale
NAFTA, scegliendo una linea meno protezionistica e smentendo quanto annunciato in campagna elettorale.
Settimana difficile l'
oro, che si è mosso al ribasso, concludendo venerdì a 1.268,3 dollari l'oncia, con un calo dell'1,5% su base settimanale. A condizionare il metallo prezioso, per gran parte della settimana, hanno contribuito lo scemare delle tensioni geopolitiche e l'esito rassicurante delle elezioni francesi, che hanno influenzato
negativamente i cosiddetti beni rifugio e nello specifico l'oro. Il prezioso ha trovato però la strada del recupero venerdì, in risposta all'apprezzamento dell'euro sul dollaro dopo i dati sull'inflazione dell'Area Euro e quello alquanto deludente del
PIL USA.
Il
rame ha chiuso l'ottava in rally, con un forte incremento del 2,3% a 2,60 dollari la libbra. A galvanizzare il metallo rosso hanno contribuito il dollaro debole, il continuo calo delle scorte di magazzino pressi le maggiori piazze di scambio internazionali (Londra e Shanghai) e le preoccupazioni per l'incombere di un nuovo
sciopero presso la miniera di Freeport MacMorran in Indonesia.